Questa sera alle 18 parte dalla Collegiata di San Sebastiano a Marciana il viaggio di un libro, con le sue storie e il suo autore al seguito per la sua tre giorni elbana. La prima tappa parte da dove, nella storia tra fantastica e reale che attraversa il romanzo, un giovane portiere elbano, sconvolto dall’amore per una donna misteriosa, parte da Rio Marina, dove abita, per arrivare il più lontano possibile, sull’isola. E arriva sulla costa occidentale.
Mi piace regalare, a chi verrà e a chi, pur avendo un po’ di curiosità e di interesse, non potrà esserci, una parte del capitolo su questa strana, incredibile metamorfosi.
Greta era nella mia mente fin dal risveglio. Miraggio, ossessione, paradiso perduto, mistero. Forse l’avevo anche sognata e ne cercavo le tracce in immagini che non riuscivo a far affiorare. Vedevo solo nebbia dentro di me.
Mi era apparsa davanti all’uscita degli spogliatoi, c’eravamo amati, era scomparsa. Tornando a casa avevo evitato mia madre, mi ero protetto nella mia stanza e mi sembrava di non aver chiuso occhio per tutta la notte. Mi ero alzato tardi, come non succedeva mai, poi avevo girovagato per ore a piedi, senza meta: avevo camminato a piedi nudi, su e giù da un’estremità all’altra della spiaggia, mentre suono delle onde si faceva sempre più forte e irregolare, ma non riuscivo a cancellare quelle immagini dalla mente. Per ore ho rivissuto, un fotogramma dopo l’altro, quella discesa in profondo, o quell’ascesa verso il sublime, delle uniche ore d’amore della mia vita. Rivedevo i suoi occhi, le nostre storie che ci scorrevano davanti, sentivo le dita che scrivevano il suo nome sulla mia pelle, avvertivo per tutto il corpo l’onda che ci aveva invaso. I suoni e i profumi del mare si confondevano col ricordo, li ascoltavo come se potessero riportarmi lei, in carne e ossa. Non so quante ore siano passate così: ricostruivo il tempo reale del giorno prima, ne rivedevo le immagini cambiando i punti di osservazione e restavo stupito da quel gioco della mente che mi teneva aggrappato a quell’esperienza attimo per attimo, fino alla sua sparizione misteriosa. Non ero tornato a casa per pranzo e avevo saltato l’allenamento senza neppure avvisare il mio allenatore, non avrei saputo cosa dirgli. Avevo solo fame di aria, di vento, di mare, di orizzonte aperto e sete di lei. E volevo capire, senza riuscirci.
Al ritorno ho rifatto la strada quasi tutta di corsa, volevo accelerare il tempo e allontanarmi da quei ricordi che cominciavano a farmi male. Non sono neppure entrato in casa, ho preso la moto e l’ho lasciata correre verso il punto più lontano dell’isola, sulla costa occidentale. Quando è limpido da lì si vede la Corsica, si distinguono perfino le forme delle case. Per me, nel mondo dell’isola d’Elba, quelli erano gli antipodi.
Voglio solo fuggire, anche da me stesso. Corro veloce, senza alcuna prudenza, sento che Greta, il suo corpo, il suo profumo, il suo silenzio, la sua essenza sono dentro di me, ho più volte la sensazione che si sia di nuovo materializzata e che sulla moto le sue braccia mi stringano, e subito mi si riaffaccia il dubbio atroce di aver sognato o immaginato tutto. Non c’è velocità, vento o mare che possa allontanarla dalla mia mente.
All’altezza di Punta Nera, dove la strada vira a novanta gradi e segue l’angolo del promontorio, la luce del sole all’orizzonte mi abbaglia. Abbasso lo sguardo verso la ruota anteriore, ma non la vedo. Quando gli occhi riacquistano la vista ho già perso la curva e sono fuori dell’asfalto. La punta rocciosa mi sfila sulla sinistra, la ruota scivola verso il mare e io dietro di lei. La moto vola, io comincio a girare su me stesso: cielo mare nuvole sole fuoco rocce cielo scogli mare pietrisco sangue, cado a occhi aperti senza reagire, spettatore della mia fine.
Pelle cuore cervello ossa pensieri corpo mente sangue memoria si mescolano e si fondono. Tra rocce e scogli, giravolte urti fratture squarci ferite brucianti, sento ancora addosso, sulla pelle di oggi, la sensazione del precipizio, il confine con la superficie dell’acqua, la coscienza che si moltiplica e si riproduce: sonno veglia scogli alghe …rosso … azzurro … blu … Cado verso il centro della terra come Alice nel giardino, buio luce piccolo grande piccolo, pelle scorticata senza dolore, il sangue che vedo scorrere non è più il mio. Tutto si frantuma scioglie ricompone e rimodella, incrocio immagini di vite perdute trasformate e ritrovate. Sono tutte mie. Vivo in un attimo infinito le metamorfosi dei racconti della mamma, le leggende dell’isola, i libri letti o sfogliati ……
Luciano Minerva