“Tra uomo e uomo, tra l’io e l’altro si è inserito un intermediario tecnico: una scintilla elettrica, un impulso elettronico, la rete, un collegamento, un satellite. La parola indù “upanishada” significava ‘sedere vicini’, ‘stare vicini’. L’io comunicava con l’altro non solo attraverso la parola, ma anche attraverso la vicinanza diretta, attraverso lo stare insieme. Un’esperienza che niente è in grado di sostituire.”
Sono parole di Ryszard Kapuscinski, giornalista e scrittore polacco che ha girato il mondo, l’Africa soprattutto, per comprenderlo e raccontarlo. Con queste parole mi piace iniziare la terza giornata del piccolo tour elbano di presentazione di Una vita non basta. Memorie da una metamorfosi.
Quando si scrive si è soli con i propri pensieri, con le storie che ti si agitano dentro e ti chiedono di essere raccontate. Cerchi, nel silenzio, di trovare le parole giuste e la forma più adatta per arrivare all’altro, a quei lettori che non conosci, che non ti conoscono e che non sanno ancora che un giorno leggeranno, nella stessa solitudine, le righe e le pagine che stai scrivendo per te e per loro. Quando si scrive (come quando si legge) si abita, da soli, la propria isola, che ogni giorno ti appare un po’ diversa per le diverse condizioni del tempo, del mare, della luce, dei tuoi umori e dei tuoi pensieri. Hai a disposizione tutti gli strumenti possibili per restare in superficie, osservare e descrivere ciò che vedi e senti o per scavare gallerie, cercare i minerali nascosti e diventare minatore di te stesso, o tuffarti nell’acqua che circonda l’isola, nuotare e immergerti come e dove meglio credi.
Poi, un giorno, dopo mesi e mesi di lavoro, dopo sei-sette stesure, riscritture, rifiniture, quando consideri il libro “finito”, lasci l’isola, cerchi un editore che creda nel tuo lavoro e, se hai la fortuna di incontrarlo, ti ritrovi tra le mani un oggetto chiuso in se stesso. A quel punto, prima di incamminarti per altre storie ed esplorare un’altra isola, ti piace incontrare, di persona, almeno un piccolo campione di quei “venticinque lettori” di cui parla Manzoni, quell’altro essere umano che non conosci e a cui hai raccontato e scritto con tanta cura e attenzione. Se sei fortunato, come sono io in questi giorni, il tuo libro, che racconta un’isola a quelle altre isole che sono i singoli lettori, incontra l’attenzione di un libraio che ti ha letto, ti consiglia alla sua comunità di clienti e amici fidati e trova sui suoi banchi e tra i suoi scaffali uno spazio per la tua isola, in un arcipelago che si modifica ogni giorno.
Ecco, per me l’incontro col libraio prima, con i lettori poi, rappresenta, dopo queste prime esperienze, proprio la “vicinanza diretta, attraverso lo stare insieme” di cui parla Kapuscinski, quella “esperienza che niente è in grado di sostituire”.
Non c’è nessuna pagina facebook, nessun tweet, nessuna chat (mio dio, che linguaggio, scusate, ora provo a tradurre nella nostra lingua)…. non c’è nessun libro dei visi, nessun cinguettio, nessuna chiacchierata elettronica che possa sostituire, nella vita come nel rapporto tra chi scrive e chi legge, il piacere di guardarsi negli occhi, di ascoltare le rispettive voci, di conoscersi, per quello che è possibile in un tempo delimitato.
Ogni volta, dopo un incontro pubblico, ne esco più ricco, perché il libro mi torna tra le mani un po’ diverso, grazie alla lettura originale, sempre diversa, di chi ti presenta al pubblico, ma anche grazie alla curiosità, all’attenzione, all’ascolto di chi ha scelto di passare con te quell’ora della sua giornata. E’ stato così ieri sera a Rio Marina, patria del mio personaggio Lorenzo, portiere di calcio, di sua madre Fiorella, appassionata di storie dell’isola, di nonno Aldo, minatore costretto a emigrare per una vita. Sono certo che sarà così anche stasera, a Portoferraio, in quest’incontro con qualcun altro dei miei “venticinque lettori”.
E poiché ho cominciato con Ryszard Kapuscinski, mi piace chiudere questa pagina ancora con lui, con i versi che sono all’inizio del primo capitolo del mio libro, e che ben riassumono il senso di vivere come isole, e su un’isola, isolani ma non isolati:
“Questo silenzio/all’apparenza totale/come il biancore – assoluto/è invece ricolmo di voci.”
L’appuntamento, per stare insieme e ascoltare le voci narranti di questo romanzo e le vostre, è per questa sera, alle 18,15, a Portoferraio, alla Sala della Guardia.