E’ stato mal digerito l’affondo del giornale francese “Le Figarò” sullo stato di incuria delle Ville-musei napoleonici di Portoferraio (giardini maltenuti,restauri interminabili, aperture al pubblico a singhiozzo) che avrebbero dovuto essere il cuore e il polmone del bicentenario dell’esilio all’Elba. Da maggio è in corso un calendario fitto fitto di eventi e di manifestazioni di ogni genere e di ogni spessore culturale, artistico, musicale, folcloristico e persino godereccio con feste gastronomiche e mascherate. Una pioggia di appuntamenti sparsi in mille rivoli a soddisfazione degli 8 Comuni, borghi e frazioni che rivendicano ciascuno, magari forzando un po’ la storia, un pezzettino della presenza dell’imperatore/governatore che rivoluzionò la vita all’Elba, non disdegnando, secondo suo costume, di rapinare quattrini e risorse dovunque fosse possibile a cominciare dalle miniere di ferro di Rio.
Purtroppo, nonostante il tam-tam ai quattro venti, non c’è stata la tanto attesa corsa all’immagine napoleonica dell’Elba. Il maltempo estivo ha pesato su una stagione sfortunata a conferma che il binomio sole mare resta la carta migliore dell’isola che, ancor prima della scoperta del filone d’oro del turismo, aveva dimenticato quei fausti 10 mesi con altri grattacapi per la testa.
Forse sarebbe potuto andare meglio, se si fosse scommesso di più sulle testimonianze napoleoniche di maggior prestigio, da una valorizzazione spettacolare dei musei e dei molti volti della Portoferraio storica: cimeli e ricordi napoleonici come il calco del viso sul letto di morte, gallerie d’arte, fortezze, biblioteche e caserme d’epoca, il teatro da programmare con i tanti film e spettacoli a Lui dedicati). E’anche mancato il recupero importante della Casa Vadi Cerbone di Marciana che ospitò mamma Letizia e anche il figlio, e i cui saloni versano in condizioni pietose. Avrebbero potuto essere un fulcro di richiamo sulle orme del corso romantico (la Waleska della Madonna del Monte) e del corso nostalgico dei panorami della sua terra natale.
Viceversa le regole del gioco hanno deciso altrimenti, perché i fondi della tassa di sbarco a carico dei turisti sono stati impiegati e investiti secondo le fantasiose ricostruzioni campanilistiche degli amministratori locali in caccia delle ombre imperiali, e sempre sospettosi nei confronti di Portoferraio che, con le sue mire di Comune unico, avrebbe potuto fare la parte del leone.
Peraltro, il Grande Evento non ha dissimulato il rovescio della medaglia dei cronici disservizi che pesano sull’economia locale in tempi di spietata concorrenza. Né ha soddisfatto appieno gli elbani che chiedono la tutela del loro patrimonio culturale non soltanto una tantum.
C’è chi già pensa a prolungare i 10 mesi di rievocazioni oltre la data fatidica della fuga del febbraio 1815 con un occhio al ritorno sulla scena europea del condottiero fino alla disfatta di Waterloo. Che non solo segnò la definitiva capitolazione di Napoleone, ma il suo esilio definitivo a Sant’Elena persa in mezzo all’Oceano, e non più il ritorno nella comoda e ospitale prigione dell’isola d’Elba.
Romano Bartoloni