"Gentile" è il termine con il quale gli israeliti indicano i non appartenenti alla loro comunità, ma tra noi due la persona davvero gentile fu lui, Rabbi Elio Toaff, che su mandato del mio giornale di allora (L'Unità) ero andato a disturbare mentre trascorreva un periodo di vacanza nella sua casa capoliverese.
Il compito che mi avevano assegnato era quello di fargli commentare un fatto di cronaca grave che colpiva la storia la cultura e l'orgoglio della sua gente; ma non capita tutti i giorni ad un cronista di campagna (anzi di scoglio) di intervistare un personaggio di rilievo e spessore nazionale e non solo, per di più su un fatto la cui cronaca sarebbe da lì a qualche ora finita sulle cronache di tutti i giornali, una vera ferita per il popolo ebraico.
Pure il luogo comune del paragonare la tensione che provavo a quello di una corda di violino era poco.
Ma appena aperta la comunicazione tutto si stemperò naturalmente; Toaff aveva la semplicità dei veri grandi, di coloro che parlano da pari a pari con personaggi che incidono sulla storia del pianeta e, appunto, con l'ultimo dei rompipalle di una giornata che doveva aver vissuto pesantemente.
Mi ero preparato a registrare dal più importante e carismatico degli Ebrei Italiani parole di fuoco, raccolsi quella che mi parve una quieta quanto decisa indignazione, terminai - lo ricordo benissimo - la breve intervista pensando: "Se si dovesse sintetizzare in una parola la figura di quest'uomo, essa sarebbe sicuramente PACE"
E questo mi è tornato alla mente nell'apprendere che quell'antico signore livornese si è spento a due settimane scarse dal compimento del secolo di vita.
Mi viene anzi da pensare che questo suo ultimo allontanarsi in punta di piedi, prima che l'evento del raggiungimento dei cento anni lo costringesse a tornare sotto i riflettori della pubblica attenzione, sia stato in casuale ma perfetta linea con lo stile del personaggio.
Uno dei migliori italiani che abbia avuto modo ed onore di - sia pure fugacemente - conoscere.