Il Bar Roma di Portoferraio, quello storico della lunghissima gestione Villani, meriterebbe per i personaggi che vi transitarono, i mille scherzi che vi furono orditi, le epocali battute ivi concepite e sparate, più che un corsivo, una saga in più volumi.
Ma stanotte ci torna bene estrapolare da quella storia infinita la cronaca di una serata particolare, quella in cui eravamo in una trentina nella "saletta televisione" del citato bar, ad assistere al combattimento pugilistico tra l'italiano Benvenuti (il quale, nota che tornerà utile, non nascondeva le sue simpatie politiche per la destra) e l'argentino Monzon.
Tra gli spettatori c'era il signor Baroni (detto "il gallo" per le sue vere o millantate virtù amatorie), il quale non aveva mai nascosto la sua nostalgia per i giovanili anni trascorsi in camicia nera; un fascista però, in fondo, all'acqua di rose, perché in realtà era persona nella sostanza mite, con un fisico esile che tutto incuteva fuorché paura, nonostante la voce aspramente digrignante e qualche littoria frase trucibalda, che d'altra parte gli procurava sfottò ripetuti, come quando, un'altra sera, a comando, tutti i numerosi avventori del bar, perfidamente accordatisi, all'ingresso del Baroni si misero a cantare - democristiani e liberali ben compresi - "Fischia il vento/ infuria la bufera/ torna a casa/ fiero il partigian/ sventolando la Rossa sua Bandiera .."
Ma torniamo al match di pugilato, che si vide da quasi subito volgere a sfavore dell'italiano. Ovvio che tutti facevamo il tifo per Benvenuti, ma col passare delle riprese, quando ormai il triestino viaggiava verso la sconfitta, qualcuno (facciamo pure "qualche stronzo") notando quanto tristemente il Baroni accusava la disfatta del camerata, il dolore che palesava, quasi che le papagne di Monzon le prendesse lui, improvvisò un gustoso scherzo e partì un passaparola: di lì a poco tutta la sala (Baroni escluso) iniziò a simulare un tifo indiavolato per l'argentino, urla di finto giubilo comprese, in occasione delle più devastanti serie di colpi portati da lui a segno. Baroni si guardava intorno scandalizzato ed interdetto da quel repentino tradimento, ma arrivò solo a farfugliare: "Siete degli italiani di merda!"
Orbene, poco dopo il vecchio nostalgico passò davanti la cassa, e fu uccellato da Gigino Villani, seduto sul suo trespolo, che così impietosamente lo apostrofò:
"Certo, Baroni che giornatina per lei eh... tutto oggi: c'è il Negus a Roma - dove lo volevate porta' prigioniero - in visita ufficiale come Imperatore d'Etiopia, l'Italia ha riconosciuto la Cina comunista, Monzon ha fatto un muso come un paiolo a Benvenuti e lei ha perso sei scope di fila con l'avvocato Lupi! Sarà meglio se ne vada a casa!"
"Sì - rispose lo sfottuto ingobbendosi ed avviandosi stancamente all'uscita - me ne vado a letto".
Ordunque, ai nostri giorni, c'è un signore, di cui non faremo il nome, superato nell'arte di ispirare aria, e di quella gonfiarsi, solo dal suo sodale e sindaco con cui usa andare in coppia anzi in paio (roba che con due punture di spillo si potrebbero generare scoppi capaci di devastare tutta la Marina), uno che in questo periodo - poveraccio - vive una diluita "giornata del Baroni".
Ieri come ultima mazzata è arrivata una nota del competente ministero che semplificata all'osso leggevasi:
"E fatela finita con questa panzana dell'ipogeo e della tomba etrusca a Marciana!".
Vieppiù tale tombale sentenza sulla pseudo-lucumonica inumazione del supposto sovrano marcianese arrivava peraltro perfidamente:
- a pochi giorni da un convegno, presentanto dal mongolfiero duo marinese come epocale punto di svolta per la cultura insulare e che (nonostante i 750 inviti) ha visto partecipare Mimì, Cocò ed il terzo innominabile, rivelandosi epocale sì, ma come fiasco;
- a poche settimane dalla ferocissima lezione inflitta "a rate" da Gian Piero Berti all'Indiana Jones de noantri (come diceva la nostra nonna: "se strizzi li coglioni al gatto, quello ti sgraffica");
- appena dopo l'essere stato l'instancabile ricercatore "ricoperto" (non esattamente di gloria) dalle rivelazioni dell'etrusco Pino Fabbri, autoaccusatosi di graffitismo apocrifo acchiappacitrulli con scalpellamento a destra sulle coti.
Ma mentre il Baroni saggiamente prese la via del letto, il gigante della cultura del Cotone, replica, contesta, si dibatte siccome sparlotto o tannuta finiti nel tramaglio.
Tra gli abruzzesi, fiero e antico popolo, è diffuso un aforisma (che il nostro eroe scoprirebbe sicuramente essere attribuibile a qualche re sannita) che recita: "a rlavà la cocc a l'asin ci s'arfonne temb e sapon".