“Lo scontro fra Barbetti e Ferrari non è dovuto alla crisi della politica, né tantomeno a una crisi del centrodestra elbano (ammesso che esita in forma organizzata), bensì si tratta di una vera e propria crisi istituzionale su un territorio circoscritto dal mare, con gli stessi problemi economico-sociali, ma diviso in otto comuni con molti campanili e poche idee condivise.
La cura allora non può essere né l’accorpamento dei castelli con le marine, né la nascita di tre comuni di versante e né, in subordine, una rinnovata Unione di comuni. In quest’ultimo caso lo scontro fra i due sindaci si sarebbe trasferito dai banchi della gestione associata a quelli dell’assemblea comprensoriale.
La soluzione sarebbe il comune unico dell’Isola d’Elba che però, sottoposto a referendum, è stato respinto dalla maggioranza dei votanti. Le istituzioni elbane litigano e… intanto sulla costa si stanno organizzando».
Lorenzo Marchetti
Ineccepibile Lorenzo: nella nostra vita talvolta siamo stati discordi, talvolta concordi, in questo caso quasi ci si sovrappone, condivido moltissimo di quello che affermi.
Ciò detto però il problema è il “che fare?”. Io non accetto l’idea di morire in un campo di decentramento, o almeno non intendo ottemperare passivamente a questa sorta di “Legge del Menga” che mi è stata imposta tanto democraticamente quanto scervellatamente (talvolta il popolo – si pensi alle elezioni di Adolf Hitler – prende epocali cantonate) dai votanti al referendum.
Gli otto pollai sono sempre più pollai e i galletti che dovrebbero comandarli sempre più tragicamente vecchi e spennacchiati, sempre più intenti a lanciarsi chicchirichì di sfida che si perdono nel vuoto siderale.
Qualcuno lontano dalle “baruffe ghiozzotte” dei capi tribù rappresentanti i nativi elbanesi, prima o poi (spero prima, ma si sa come inelegantemente morì chi visse sperando) dovrà pur supplire alla carenza di materia grigia che abbiamo dimostrato, dovrà decretare per legge, non qualche irrealistica favata del tipo istituzione di zona franca, ma ciò che più urgentemente serve a questa terra: la coatta unificazione di questi monumentini allo spreco, all’irrazionalità, all’indecisionismo, alla vanagloria di qualche borioso somaro, alla libidine di qualche capataz da condominio.
Intanto a chi davvero vuole bene a questa isola, a chi si sente prima elbano che ferajese, lungonese, piaggese, etc, spetta di riprendere a lavorare, e non stancarsi, nel tentativo di far crescere una coscienza ed una cultura comprensoriale.