Negli anni ‘60 e ‘70 ero bimbetta o poco più, quello che ora si chiama “piazzale del Chicchero” (anche se purtroppo il comodo traghettino oggi non c’è più), quando arrivavano “gli Zingari” con i carrozzoni veniva loro concesso ad uso di accampamento. L’approvvigionamento dell’acqua era fornito da una fontanella in ghisa che era in mezzo alla piazza alberata, e le donne con ragazzini e bimbetti come noi di tutte le età, arrivavano a riempire le brocche di rame prima e le taniche poi. Dei bisogni corporali non ci si preoccupava più di tanto, tutto sommato era ancora il tempo del campeggio libero, e a lasciare ricordini sulla terra o dietro i cespugli non erano solo loro. Gli uomini di quel popolo affascinante, colorato e gentile, giravano il paese chiedendo coltelli da arrotare, riparavano le pentole, gli ombrelli – quelli grandi di legno con la tela verde- e mi ricordo quando l’ultima volta che alloggiarono lì, qualche famiglia rimase delusa dal fatto che nessuno di loro facesse più quei lavori, aspettavano l’occasione da tutto l’inverno e se ne tornarono a casa con le pentole bucate. Qualche volta il loro lavoro veniva pagato oltre che con il denaro anche con qualche pomodoro che tutti avevano negli orti e con frutta. La signora Laura che aveva un piccolo negozio di alimentari regalava ai bimbi biscotti e pezzi di pane.
A noi bimbi veniva fatta una sola raccomandazione, non vi avvicinate perché vi portano via. Noi invece aspettavamo i loro figli “in piazzetta”, ma anche loro avevano la proibizione di fare amicizia con noi, e li vedevamo fare il bagno nella spiaggetta di sabbia nera e brillosa di minerale sotto l’antico muro delle saline, che adesso si sta sgretolando lentamente a causa dell’erosione e delle onde provocate dai traghetti.
Mi ricordo perfettamente una signora, con una strana acconciatura con turbante azzurro, da cui spuntavano dei riccioli e i mitici orecchini grandi, gli stessi orecchini copiati dagli stilisti di tutto il mondo che poi hanno indossato tutte le donne dagli anni ’60 in poi, che si sedeva sulle scale del carrozzone rosso e marrone, e fumava, e quando era l’ora cucinava per tutta la tribù familiare in pentole d’alluminio o rame lustre come poche ne ho viste nei nostri ristoranti.
Quando se ne andavano, andava via il loro mondo colorato, la musica, il fumo del fornello all’aria aperta, i bimbi scalzi, ma anche noi avevamo l’idiosincrasia alle scarpe e agli zoccoli, praticamente ci infilavamo le calzature solo per fare i 50 passi che da casa ci portavano sulla spiaggia e ritornare a casa.
Io non so cosa è successo a quelle famiglie e a quel popolo, so però che senz’altro dove non arriva l’integrazione e la politica buona, arriva la malavita e molti di loro, purtroppo soprattutto per loro stessi sono stati presi dalle mafie per trafficare in ogni campo. Ma questo succede anche con gli immigrati, ma è sempre successo con molti italiani in ogni epoca ed ancora accade ogni giorno. I più grossi spacciatori di droghe non sono ROM, i più grandi trafficanti delle schiave del sesso non sono ROM, i più grandi trafficanti di armi non sono ROM, i più grandi trafficanti di BAMBINI PER OGNI SPREGEVOLE E VIGLIACCO USO NON SONO ROM, ma signori incravattati.
Detto questo, vorrei fare qualche domanda.
Se si afferma che gli zingari sporcano e quindi sono stati espulsi, cosa facciamo con chi abbandona sacchi dell’immondizia sulle strade o sulle spiagge? Cosa facciamo con quella mamma che ho visto gettare dal finestrino dell’auto il pannolino merdoso dell’infante che trasportava? Che facciamo con i ragazzini ubriachi a 15 anni che abbandonano bottiglie di birra vuote ovunque? Che facciamo con i camperisti che svuotano i loro cessi sulle spiagge o nei parcheggi più o meno nascosti, invece che andare nei luoghi preposti? Che facciamo con i bagnanti che buttano cicche ovunque? Che facciamo con i bambini ai giardini che bevono il mitico tè estivo e lasciano il bicchierino perché i genitori non insegnano loro che va buttato nel cestino? Che facciamo con i traghetti che dai camini appestano l’aria del porto di Portoferraio e Piombino? Che facciamo con chi deve pulire le strade e non lo fa? Che facciamo con chi parcheggia sempre e solo sui marciapiedi o sulle strisce pedonali? Che facciamo con chi sfreccia in auto in zona portuale rischiando di schiacciare chi attraversa a piedi per salire sul traghetto, o chi in motorino sorpassa le macchine in fila e passa col semaforo rosso? Che facciamo con chi svuota il posacenere dell’auto in strada? Che facciamo con gli ambulanti che vengono a dormire e lordare nello stesso spazio una volta dedicato ai rom? Che facciamo con chi rovescia calcinacci a bordo bosco, o chi abbandona le batterie degli automezzi un po’ ovunque? E con chi lascia che la propria fossa biologica sversi senza riguardo alcuno?
Insomma di punti interrogativi ce ne sarebbero ancora tanti, ma mi sono venuta a noia da sola e quindi mi fermo. Non vogliamo risposte a parole, vogliamo solo che vengano presi provvedimenti anche per queste cose.
Per precisione: la bella fontanella di ghisa che era in mezzo alla piazza alberata di San Giovanni, fu tolta perché molti elbani ci venivano a lavare le macchine lasciando un sudiciume inguardabile.
Maristella Giulianetti