ZECCHINI SCARICA I CINQUE STELLE
Nel mio precedente articolo sulla "Zecca degli Appiani" di Marciana avevo osservato che l'interrogazione parlamentare dei nove senatori del movimento 5stelle era contraddetta da precedenti dichiarazioni dei professori Centauro e Garzonio e dello stesso Zecchini.
Nel suo ultimo scritto Zecchini non contesta le mie deduzioni: dunque anche lui riconosce implicitamente che gli operai del Comune non sono responsabili né di aver asportato e distrutto uno strato di ottanta centimetri di terriccio "etrusco" contenente importanti testimonianze archeologiche, né di aver cancellato le incisioni delle pareti. Zecchini sa che quel terriccio non è mai esistito o è scomparso da secoli.
Dunque le colpe del Comune e degli operai comunali se le era inventate di sana pianta l'ignoto suggeritore dei nove senatori. Un suggeritore che, in realtà, non è poi tanto ignoto, perché la sua animosità contro il Comune è molto esplicita.
Comunque una bella faccia tosta: non c'è che dire.
L'espediente dell'interrogazione parlamentare basata su informazioni palesemente infondate è apparso insostenibile anche a Zecchini, il quale ora sta forse meditando sul vecchio detto "dagli amici mi guardi Iddio". Corre voce che ci sia stata burrasca.
IL PICCONOLOGO
Bersaglio del recente "saggio" di Zecchini è la dottoressa Alderighi del Ministero per i beni culturali, alla quale è stata confermata − nel nuovo organigramma delle Soprintendenze toscane − la competenza per l'archeologia dell'Elba.
La dottoressa Alderighi aveva definito "tracce di piccone" le numerosissime righe incise sulle pareti dell'ipogeo. Zecchini pensa invece che quelle righe siano una decorazione simbolica etrusca, anche se deve ammettere che il significato dei presunti simboli resta avvolto nel mistero.
Però il ricorso al mistero appare una scappatoia troppo comoda, perché, quando ci si appella al mistero, si può "dimostrare" tutto e il contrario di tutto.
Dunque sulle incisioni Zecchini si limita a rifiutare la spiegazione dell'archeologa della Soprintendenza, adducendo queste motivazioni, che a me sembrano sconcertanti:
«Non sono un 'picconatore' esperto, ma, grazie alle mie origini parzialmente contadine, in gioventù ho avuto modo di accumulare una certa esperienza nell'uso di zappe, zapponi e picconi in zone granitiche. Perciò posso asserire che le incisioni regolari e sublineari dell'ipogeo di Marciana, larghe appena 2-4 millimetri, in nessun modo possono essere valutate come tracce evidenti di piccone».
QUELL'UOMO DI MULTIFORME INGEGNO
Zecchini parla di «incisioni sublineari». Che avrà voluto dire? Ho cercato il significato dell'aggettivo "sublineare" su Wikipedia e nei dizionari Gabrielli, Devoto Oli, Treccani, De Mauro, Sabatini Coletti. Nella maggior parte dei dizionari il lemma "sublineare" non è neppure riportato. Gli unici riferimenti che ho trovato riguardano un particolare tipo di funzioni matematiche prive di attinenza con l'archeologia o con la scultura.
Ma il tema più intrigante è quello dell'esperienza accumulata da Zecchini usando «zappe, zapponi e picconi in zone granitiche»: il giovane scienziato che zappa alacremente il granito è un'immagine di impareggiabile potenza. Meglio dei cinegiornali dell'Istituto Luce che mostravano il duce intento a mietere il grano a torso nudo.
Con le sue competenze estese a tutti i rami dello scibile umano, il Luminare non manca mai di stupirci. Lo conoscevamo già come esperto di esche topicide, di latino ecclesiastico (praevalebunt), di lingua italiana (Giasone e &), di etimologie (Cathu-Cothu-Cuthu), di toponomastica franco-etrusca (Catone), e anche di religione e di filosofia (mi ha spiegato che io, per essere coerente, avrei il dovere di essere ateo: esattamente l'opposto di quanto si legge nei libri di don Giulio Girardi, del quale immagino però che Zecchini non conosca neanche il nome).
Ora rivela di essere esperto persino «nell'uso di zappe, zapponi e picconi in zone granitiche».
Lui non dissodava il terreno normale, come hanno fatto per millenni i nostri avi contadini. Macché: sarebbe troppo facile! Lui con la zappetta dissodava il granito.
LA ZAPPOLOGIA GRANITICA
Ecco allora che, dall'alto della sua Cattedra di Zappologia Granitica, Zecchini sentenzia che la dottoressa Alderighi sbaglia: le incisioni del seminterrato degli Appiani "in nessun modo" possono essere state prodotte da un piccone. Si noti bene: "in nessun modo". Zecchini non ammette repliche.
Credo che la notizia che Zecchini usasse zappe e zapponi sul granito colga di sorpresa tutti i lettori.
Invece l'altro arnese − il piccone − appare sicuramente più appropriato per scalfire le rocce granitiche. Però non mi è chiaro come i solchi nel granito possano poi essere utilizzati in agricoltura. Zecchini poneva le piantine a dimora nella roccia? E con quale materiale rincalzava i giovani germogli? Col pietrisco o col cemento a pronta presa?
La coltivazione sugli scogli di granito sembra un pesce d'aprile. Oppure una delle storielle popolari che in tempi lontani si raccontavano a veglia, come quella dei campesi che seminavano gli aghi.
Ma quando queste stravaganti vicende autobiografiche le racconta uno Scienziato come lui − che è il Maestro di color che sanno − resto basito.
Mi viene il dubbio che si sia esposto a lungo al solleone senza un cappello.
SCIACQUETTE
L'excursus su zappe, zapponi e picconi sulle rocce granitiche fa acqua da tutte le parti. Ma serve a Zecchini per concludere che la dottoressa Alderighi dovrebbe cambiare mestiere e andare a lavorare col piccone.
È questo il vero nocciolo del messaggio dello Zecchini.
Di certo il tono di Zecchini è molto più «delicato» di quello che l'Architetto Professor Dottor Giuseppe Alberto Centauro aveva riservato al sindaco di Marciana e alla presidente di Italia Nostra. Ma il significato non sembra troppo diverso. Chi non accetta le opinioni del gruppo (Pier Luigi Bersani direbbe la "Ditta"), è avvisato: sappia che sarà stroncato senza pietà.
Nell'aria si percepisce anche un certo sentore di sarcasmo "machista", che tende a giudicare le donne come ontologicamente programmate dal Grande Architetto dell'Universo con la precisa finalità di rigovernare i piatti. In altri tempi si diceva "atte a casa". O anche − con minore aplomb − "sciacquette".
È la stessa visione del mondo alla quale si ispira la legge che − in Arabia Saudita − vieta alle donne di guidare l'automobile. In Italia alle donne la Ditta vorrebbe vietare l'archeologia.
PERÒ DEL PROF. DONATI NON PARLA MAI
Zecchini non perde nessuna occasione per polemizzare. Però non ha pronunciato nemmeno una parola per commentare la relazione del prof. Luigi Donati sul seminterrato della casa degli Appiani.
Donati − celebre etruscologo, che ha ricoperto la prestigiosa cattedra di archeologia nell'Università di Firenze − ha scritto che l'attribuzione dell'ipogeo di Marciana agli Etruschi presenta numerose aporie: e ha elencato una per una queste aporie.
"Aporìa" è una parola greca che significa inestricabili e insanabili contraddizioni. Dunque un giudizio durissimo. Che assesta una mazzata definitiva alla tesi della tomba etrusca.
Perché Zecchini finge di non essersi accorto di nulla?
Eppure la relazione del prof. Donati è stata resa pubblica fin da marzo, dopo l'interrogazione parlamentare dei nove senatori grillini.
DIVERSIVI
Sappiamo per certo che Zecchini conosce quel documento da molti mesi. Però sulle contestazioni del prof. Donati egli continua a tacere. Preferisce affannarsi a mettere in campo le dichiarazioni di esperti vari, per dimostrare che quel seminterrato non poteva essere né una neviera né una zecca.
Sembra che Zecchini non si renda conto che queste discussioni sono soltanto dei diversivi inutili.
Ammettiamo pure per un momento che l'ipogeo non sia né una neviera né una zecca.
Zecchini dovrebbe capire che, una volta che siano state escluse l'ipotesi zecca e l'ipotesi neviera, nulla costringe a accettare come vera l'ipotesi della tomba etrusca. Infatti potrebbero esserci ancora altre ipotesi che oggi non sono state prese in considerazione.
Per dimostrare che l'ipogeo è etrusco, non basta demolire le due ipotesi della neviera e della zecca: non basta utilizzare proposizioni che negano.
Occorrono invece proposizioni assertive, che enuncino prove "positive": occorre cioè che si scopra un nesso sicuro e concreto con gli Etruschi.
Nella relazione del prof. Donati si dice che queste prove "positive" non sono state trovate: e qui sta il centro del problema. Le neviere, le zecche, il simbolismo misterioso delle mirabili incisioni sono inutili tentativi di depistaggio. Zecchini ha il dovere di indicare dove sta il collegamento sicuro con gli Etruschi.
CATTEDRE AUTENTICHE E CATTEDRE INVENTATE
In conclusione, siamo di fronte a due posizioni contrapposte. Da una parte c'è l'affermazione di Zecchini di aver scoperto una tomba etrusca.
Dall'altra parte il professore universitario Luigi Donati scrive che l'attribuzione dell'ipogeo agli Etruschi contiene molte insanabili contraddizioni.
Perché Zecchini non difende la propria "scoperta" confutando il prof. Donati?
Perché il dott. Zecchini non si decide − finalmente − a esaminare le contestazioni del prof. Donati?
L'autorevolezza del prof. Donati è indiscussa. È un professore universitario conosciuto, stimato, citato nelle riviste e nei libri dei suoi colleghi archeologi. Un professore universitario autentico e importante.
Immagino che qualcuno dei miei compaesani obietterà che anche Zecchini è un professore universitario autentico.
Ma questa affermazione è falsa. Zecchini non è e non è mai stato un professore universitario, anche se da tempo qualcuno gli attribuisce una cattedra universitaria. In questi giorni nel paese e nell'isola si legge addirittura nei manifesti del premio letterario che Zecchini sarebbe "docente universitario". Ma questa è una ridicola frottola.
A me sembra un fatto di elementare correttezza che si ristabilisca una buona volta la verità.
Invece − per servilismo o per ingenua partigianeria di campanile − si continua a parlare di una carriera universitaria che non esiste. Quasi che il paese e l'Elba ne ricavassero chissà quali vantaggi e quale prestigio.
Non si capisce che, se la bugia dei manifesti del premio letterario fosse scoperta, saremmo esposti a giudizi sarcastici e al discredito: altro che "isola degli ignoranti", come scrisse una volta Zecchini: l'Elba sarebbe additata come l'isola dei pataccari e dei buffoni.
È l'ora che si ponga fine a questa farsa sgradevole.
Dopo che abbiamo chiarito che Donati è un professore universitario e che Zecchini non lo è, sarebbe opportuno che si entrasse nel merito del problema. Donati ha elencato le aporie dell'attribuzione dell'ipogeo agli Etruschi: ora tocca a Zecchini replicare.
Ma ho l'impressione che, se finora il dott. Zecchini non ha reagito pubblicamente alle obiezioni del prof. Donati, il motivo è che non sa proprio come rispondere.
Gian Piero Berti