Nel passato mi sono rivolto al comune di Portoferraio per avere patrocinio nella pubblicazione o nella presentazione di qualche libro con argomento inerente la storia di Portoferraio e dell’Elba: porte chiuse.
Mi sono rallegrato quando con l’attuale amministrazione le porte si sono aperte.
Ho donato alla biblioteca comunale duemilaquattordici libri con questo scòpo ;
I libri dovranno essere messi a disposizione della popolazione per la consultazione in biblioteca e per il prestito
I libri dovranno andare a costituire nella biblioteca un fondo preciso ed individuabile sotto il titolo "Fondo Camici"
Ogni libro dovrà avere apposta etichetta “Donazione Marcello Camici”
Ogni libro dovrà essere scritto su un catalogo dal titolo “Fondo Camici”messo a disposizione nella biblioteca per la consultazione
Con delibera del febbraio 2017 il comune di Portoferraio accètta quanto sopra.
Oggi,dopo diciannove mesi, tutto è fermo e niente è stato realizzato.
A patirne è tutta la comunità a cui è indirizzato il patrimonio di cultura contenuto nel libri donati.
Amarezza invade l’animo nel vedere come giustamente si trovano risorse per realizzare e mostrare la bellezza dei fuochi d’artificio che dura qualche minuto e non si trovano risorse per realizzare e mostrare il patrimonio culturale contenuto nei libri che dura molto più a lungo.
Marcello Camici
Gentile Dottor Camici
Nell'ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali fasciste, l'Espresso di questa setimana si apre con la foto della copertina de "La Difesa della Razza", una rivista creata dal governo italiano in quei tempi del buio della ragione, quando l'Italia si fece serva di un macellaio di popoli tedesco (con buona pace di quanti oggi parlano di asservimento alla cancelliera della Germania).
Si chiederà cosa c'entri tutto ciò col problema da lei sollevato, abbia - con i nostri lettori - un po' di pazienza che ci arriviamo.
Orbene in Foresiana l'originale di quella abominevole, quanto documentalmente preziosa, rivista si può rintracciare, ne sono certo e le spiego perché.
Molti anni fa (una quarantina) mentre si stava procedendo alla pulizia delle cianfrusaglie contenute in un magazzino, intercettai una enorme cassa di legno contenente "cartaccia" destinata alla discarica cioè (come si faceva all'epoca) ad essere allegramente bruciata "en plein air" al Buraccio. Ma in un ultimo controllo del carico del camion mi accorsi di cosa c'era realmente all'interno del pesante involucro e - facendo pure un po' incazzare gli operai della Provincia che l'avevano faticosamente caricata - la dirottai a terra.
La cassa conteneva alcune centinaia di volumi, riviste (tra le quali anche proprio "quella"), opuscoli già appartenenti ad un istituto elbano (tutti inneggianti al passato regime) che erano stati "epurati" dalla biblioteca scolastica subito dopo la Liberazione, scaricati frettolosamente dall'inventario (all'epoca parecchi si vergognavano - giustamente - di essere stati fascisti) quaranta anni prima, e quindi dichiarati ufficialmente "spazzatura" di proprietà di nessuno.
Capii che quel materiale editoriale aveva invece un notevolissimo valore culturale e storico (tralasciando quello commerciale, le assicuro - un po' ne so - di tutto rispetto) ma la tentazione di rimpinguare la mia (discreta) biblioteca personale con tutta quella interessantissima roba la gestii a dovere. Telefonai al Direttore della Foresiana Giuseppe Battaglini (che apprezzò assai il tutto) invitandolo a far ritirare il contenuto di quella cassa (cosa che puntualmente ebbe luogo). Non pretesi una lettera di ringraziamento e neppure una ricevuta, perché era giusto così: un piccolo patrimonio gettato via stoltamente dal "pubblico", e recuperato da un "privato", tornava nella disponibilità del "pubblico" dove doveva permanere.
Non ho mai raccontato questa curiosa storia, lo faccio oggi motivato da quanto Lei scrive.
Veda Camici io penso che quando si decide di donare qualcosa alla collettività (o anche di "restituirla" come nel mio caso), la soddisfazione debba stare nella consapevolezza di aver arricchito gli altri, e non nell'ufficiale riconoscimento di aver compiuto, qualsiasi essa sia, un'azione meritoria, fatto che può come non può verificarsi.
Facciamo un gioco dottore, prendiamo la macchina del tempo e sbarchiamo tra qualche decina di anni, quando entrambi non ci saremo più, e poniamo che un suo o un mio discendente si rechi nella "Foresiana del futuro", o ne consulti comodamente da casa il contenuto digitalizzato, come si farà probabilmente, per compiere uno studio, una ricerca. Bene sarà più importante per lui trovare le informazioni che gli servono, o sapere che la esse gli sono state messe a disposizione da un suo trisavolo?
Io non so dottore se e quanto entrerò nella minuscola storia di questo paese, ma francamente non me ne frega molto. Vorrei - quello sì - che i miei e i suoi discendenti vivessero in un'isola e un mondo più buoni, più solidali, più tolleranti e giusti, meno violenti, meno inquinati, più sani, più colti, e se un pezzettino, una singola azione del nostro esistere risultasse utile a ciò, pure senza etichette, sarebbe già buona cosa.
La saluto