Molto tempo fa, nei primi anni '80, girando con Janna Carioli un video-documentario su San Piero, decidemmo di "aprire" con un camera-car di ingresso nel borgo collinare, il cui sottofondo sonoro era costituito solo dal ritmico battere di mazza e scalpello su una lastra di granito, che restava udibile anche quando, a tutto schermo, appariva una scritta:
"San Piero è un paese dove la gente si incontra e si scambia parole".
Tutto, ma sostanzialmente nulla, è cambiato da allora, diverse sono "necessariamente" le persone che si incrociano per le scalette e tra gli stretti passi, diverso il mondo che circonda il "Paese" elbano per antonomasia, ma identica resta la disponibilità allo scambio comunicativo che si percepisce in un Piazza di Chiesa, sulle lastre dove le auto non potranno mai osare.
Ieri sera ripensavo a quel cartello e ad una sua possibile variante: "San Piero è un paese dove la gente si incontra e si scambia musica".
Così, dopo aver passato la serata del De André Day nel back-stage a congr atularmi con tutti coloro che scendevano dal palco - tutti bravi perché sul palco, più o meno emozionati, comunque veri, hanno dato il loro massimo,- questa mattina dopo averci riflettutto ho deciso di non fare l'elenco degli artisti che si sono esibiti, ma ho girato l'occhio della immaginaria telecamera verso un altro protagonista: il pubblico, in una specie di "cronaca alla rovescia" della manifestazione.
E' un pubblico di centinaia di persone che si è cementato e fidelizzato negli anni, un pubblico massivo si ma scelto. mediamentente colto ed educato (non solo musicalmente).
L'evento sampierese dei due terzi di agosto è diventato un appuntamento per molti, vacanzieri usuali e indigeni pensanti per ritrovarsi e parlare tra un pezzo e l'altro stimolati dai temi gettati là dal grande Faber.
In questo soprattutto il D.A.D. ormai più che ventenne, si differenzia dalla serie pressoché infinita di "Cover" e "Tributi" a questo o quell'artista o band che ci ha proposto un'estate elbana asfittica di veri eventi (almeno sul fronte musicale) che francamente ha più che rotte le palle.
Il D.A.D. è invece qualcosa da salvaguardare, e se possibile da implementare, perché no, anche con una commistione tra la tristezza di fondo dei raffinati versi in musica del celebrato, con momenti più "leggeri" dello stare insieme di centinaia di "amici ritrovati".
Sarebbe bello trasformare la serata in nottata, dal De Adré Day alla De André Night; San Piero ha tutto il necessario: dalla gastrononia alle stelle, dai sassi sbrilluccicanti alle tradizioni popolari, dalla scienza alla storia, per riempire una notte bianca (anzi grigia color del granito) per musici e amici: dalla comparsa nel cielo di Sirio allo spuntare dell'alba sulla Facciatoia.