Caro direttore,
a distanza di 250 km leggo con attenzione ma anche un po’ di amarezza il dibattito su come, e se chiudere e isolare del tutto l’Elba nell’interesse della salute dei residenti elbani. Amarezza perché vedo qualche eccesso anche un po’ grottesco e perché il problema mi riguarda. Sia chiaro, il dibattito è più che legittimo perché sulla salute non si scherza, il nemico è terribile, le strutture sanitarie dell’isola non potrebbero affrontare un’emergenza seria, quindi tutto ciò che è utile per impedire il contagio è indispensabile farlo. Ad esempio noi abbiamo una casa di proprietà all’Elba, dove staremmo molto volentieri, invece siamo murati vivi a Roma, e poiché siamo abituati a rispettare le regole, non ci muoviamo da casa se non per fare la spesa. Sull’isola, inutile negarlo, staremmo molto meglio, perché abbiamo una casa isolata, più spazio intorno, e quindi avremmo anche meno occasioni di contagio rispetto a Roma. Abbiamo letto che diversi furbetti, oltretutto provenienti da ex zone rosse, con alta incidenza di contagi, sono arrivati prima che si alzassero le prime barriere, ma non invidiamo mai i furbetti. Prendiamo atto con dispiacere che al momento, in base all’ultimo decreto del governo, all’ordinanza della regione Toscana e quelle dei sindaci elbani, e anche a quanto mi ha detto con grande gentilezza la polizia di piombino e portoferraio, “potrei” accedere alla casa all’elba solo per comprovate emergenze (tipo fuga di gas, perdita d’acqua, danni che compromettano altre abitazioni, ecc). Il testo dell’ultimo decreto della presidenza del consiglio, per la verità, è un po’ ambiguo, perché dice ci si può spostare per “raggiungere il proprio domicilio” (e la casa all’elba lo sarebbe, visto che paghiamo bollette, tasi, tari e imu, anche se la residenza è a roma). Allora faccio una considerazione e qualche domanda a chi di dovere.
La considerazione è che l’allarme all’elba è scattato quando i buoi erano già scappati (in questo caso entrati). Molti proprietari di seconde case, approfittando dell’assenza di controlli reali, si sono precipitati sull’isola con bambini, nonni e parenti e affini. Cosa preoccupante, venivano in gran parte proprio dalle zone più a rischio. Mi permetto di dire che ormai il guaio è fatto, ma che nonostante tutto, per fortuna, il virus non si è diffuso. E aggiungerei che lo stesso pericolo viene se un residente dell’Elba va per motivi di lavoro, di salute e necessità, fuori dall’isola e poi ci torna. L’ultima volta che sono stato all’Elba era la fine di febbraio, il nord era già zona rossa e tornando a Roma ho visto sul traghetto tre o quattro macchine di residenti elbani che andavano a sciare (presumo al nord). Qualcuno al ritorno li ha messi in quarantena? Sento dire che questi “ospiti” o “intrusi” non residenti, in questa situazione, rischiano di rendere più fragile la già non brillante situazione delle strutture sanitarie dell’isola. E’ un argomento serio, ma qualcuno ha calcolato quante possono essere queste persone in più? Diciamo la verità: non credo molte, nonostante l’abbondanza di seconde case all’Elba. Il problema è se c’è qualche infetto, magari asintomatico, non se c’è qualcuno in più. Quindi, non esageriamo. Piuttosto si eseguano i controlli della febbre a piombino e portoferraio, si disinfettino periodicamente le navi, e si seguano le ordinanze dei sindaci sugli spostamenti interni, che considero giuste e molto serie, anche quelle che possono apparire più estreme.
Detto questo, come proprietario di seconda casa sull’isola, sono costretto a fare qualche domanda.
Primo: premesso che al momento io e mia moglie stiamo bene, senza alcun sintomo, (se girassimo avendo dei sintomi saremmo dei criminali) quale è, mi chiedo, l’interpretazione giusta dell’insieme di decreti e ordinanze? Qualcuno può spiegarcelo, senza rischiare di essere respinti al porto di Piombino e sprecare così anche i soldi della benzina per il viaggio di andata, e ritorno, da roma?
Secondo: se risultasse che noi non possiamo in alcun modo venire all’elba, pur avendo una seconda casa, oltre a subire un danno (le case, che diano reddito o semplicemente vengano usate, vanno pulite, attrezzate, va fatta manutenzione, le piante vanno curate, potate, annaffiate ecc.), dopo tutto questo, che magari si prolungherà fino all’estate, noi dobbiamo pagare interamente e come se nulla fosse accaduto Tari, Tasi e Imu?
Personalmente pago per l’insieme di questi oneri quasi 5000 euro l’anno, pago la tassa dei rifiuti come se fossi residente, ossia un elbano, il mio comune di riferimento fa bilancio e fornisce ai residenti tutti i servizi in gran parte grazie all’Imu delle seconde case, pago la luce come seconda casa (e quindi di più). Dovrei continuare a versare per intero tutto questo senza poter disporre del bene per il quale pago? Lo dico perché nel dibattito su come isolare meglio l’isola, (scusate il gioco di parole), non ho sentito nulla al riguardo da sindaci, autorità, forze politiche ecc. So benissimo che siamo di fronte a un’emergenza inedita e terribile, e quindi una situazione eccezionale, che ha sconvolto la vita di tutti e dell’economia, ma se chi ha un’attività, giustamente, si vedrà comunque ridurre o posporre il pagamento di tasse, oneri e tributi, perché io, se per mesi non potessi più venire all’elba, non potessi affittare o usare la casa, dovrei continuare a pagare come se venissi? Non teorizzo, né pratico le autoriduzioni, ma vedrete che se il blocco continua, qualcuno e qualche associazione dei consumatori, inizierà a farsi la stessa domanda. Aspettiamo le prossime decisioni al riguardo, ma mi piacerebbe sentire anche i sindaci.
Nonostante l’amarezza per essere distante dalla mia isola (mio nonno era elbano e io ci vengo da 60 anni), vi sono vicino e capisco le preoccupazioni di tutti. Ce la faremo. Un abbraccio, a distanza ovviamente, al direttore.
Bartolo Misiani