"Manibus date lilia plenis". Quattro parole in latino, un verso di Virgilio in morte di un giovane, che tradotto letteralmente "versate gigli a piene mani", perdeva tutta la sua solenne leggerezza, la sua potenza gentile.
Le ripetesti tre, quattro volte di seguito, guardando il soffitto di quella stanzetta fredda di tramontana ferajese, dei primi anni '70, come per cercare, là dove solo i ragni osavano, il flebile filo logico che cercavi; e dopo alcuni secondi un lampo, una sciabolata di nero lucente ti passò negli occhi ... "Ma sì... "Date fiori ai ribelli caduti...", eri raggiante per quella minima cosa, come per il ritrovamento della tesserina di un mosaico, l'ipotesi, indimostrabile ma intelligente, che il pensiero di quel Pietro Gori che riempiva con la sua memoria di carte, bobine registrate, libri polverosi e foto seppiate la scrivania, quell'anarchico pericoloso e gentile che in quei mesi studiavamo quasi al microscopio, almeno per un attimo, cantando gli eroi del proletariato dei suoi tempi, si fosse affacciato sui funerali di Marcello. Anche in poesia nulla si perde e tutto si trasforma.
Ti mettesti subito a picchiare sui tasti della Olivetti Lettera 32, e io ti scattai una foto, non lo sapevo, ma sarebbe stata quella l'immagine che ti avrebbe meglio rappresentato per anni e che continua a farlo ora che non ci sei fisicamente più. Poi avremmo trascorso (sai della mia fissa per i numeri) 13.000 giorni esatti insieme.
E i gigli che ti piacevano tanto sono rimasti i fiori con i quali ho continuato a identificarti: i gigli la cui stagione di splendore dura troppo poco, i gigli raffinati, aristocratici ed effimeri ma con un cuore popolare di cipolla bene affondato nella terra, pronto a scoppiare in bellezza ad ogni primavera.
Dieci anni dopo che te ne sei andata, in una sera di un'altro maggio dolce, i tuoi amatissimi gigli viola sono ancora in forze, ora trasferiti nell'aiuola davanti all'ingresso di casa, che hanno colonizzato, procedendo con la stessa tua sicura lentenza, in linea con uno dei tuoi favoriti ossimori: Festina Lente (affrettati lentamente) emblematico di una filosofia di vita.
Dire che ci manchi è allo stesso momento verissimo, ma è anche un poco ingiusto per il tanto, tantissimo e bello che hai seminato per il mondo: in cromosomi, cultura, ironia, saper fare, gusto, inventiva, amore sparso anche manibus plenis sulle centinaia di torzoli e torzole che ti chiamavano prof.... e gigli.
Ti saluto con tutta la tribù dei Tardò, orgogliosa di averti stretta tra le sue fila.
Ciao Pat