Esistono delle incompatibilità a ricoprire cariche pubbliche e politiche che sono dettate dalla legge, ma ne esisterebbero pure altre che le singole persone dovrebbero applicare facendosi da parte, sulla scorta dell’etica e perfino del senso del pudore.
Da almeno mezzo secolo in qua “l’affare” all’Elba lo ha rappresentato l’uso (e purtroppo spesso l’abuso) del territorio, un fenomeno che in ogni società civile è governato dalla comunità nel suo insieme, attraverso le sue espressioni ed istituzioni democratiche.
Ciò premesso sembrerebbe palmare che chi governa la cosa pubblica, direttamente come eletto, o anche indirettamente come dirigente di un partito che organizza il consenso (o il dissenso) democratico verso il governo locale, che compie scelte di indirizzo e di gestione territoriale, come la moglie di Cesare, fosse intangibile perfino da un pensiero malevolo.
Papale papale: troviamo assolutamente improprio ed indecoroso che chi ha scelto di costruire il proprio privato sostentamento esercitando una professione come quella di Geometra o Architetto, legando il proprio destino agli effetti del governo del territorio, salti quotidianamente a piè pari il fosso esercitando funzioni di controllo, gestione o indirizzo su partite che possono direttamente incidere sulle sue fortune.
Senza stare a giudicare i diversi operati possiamo tranquillamente affermare quindi che ci hanno abbondantemente rotto i coglioni le diverse giunte marcianesi in salsa geometrica, così come stamani ci disturba assai vedere che in una contestata operazione come quella di Galenzana c’è un ruolo tecnico assolto da chi è attualmente il massimo esponente del Partito Democratico all’Elba.
Se le istituzioni ed i partiti elbani vogliono recuperare immagini e credibilità incomincino ad essere “mogli di Cersare”