La Vigilia di Natale segna l’inizio delle festività natalizie.
All’Isola d’Elba non esiste una tradizione ben definita per celebrare questa giornata.
Ogni paese dell’Isola o, meglio ancora, ogni famiglia, ha una propria identità che lascia trasparire l’origine, più o meno remota, del territorio dalla quale proviene.
Anche all’Elba, come del resto un po’ ovunque, si è perso il significato vero del nome che identifica le giornate che precedono le “Feste Grosse”religiose: per i cristiani il Natale e la Pasqua.
Vigilia vuol dire “veglia”, ossia stare svegli e vigili in attesa un evento importante, in questo caso, la nascita e la resurrezione di Gesù.
Una volta la liturgia cattolica prevedeva l’osservanza stretta del digiuno e dell’astinenza, oggi aboliti.
Tutto è racchiuso in un vecchio proverbio toscano che recita: “Chi non rispetta la vigilia di Natale, corpo di lupo e anima di cane”.
E’ rimasta però l’abitudine di mangiare di magro, non solo per coloro che rispettano i precetti religiosi, ma è diventata un’occasione per tutti!
Nel versante sud occidentale dell’Isola, che per secoli ha subito il dominio del regno di Napoli, si denota che in molte famiglie, è radicata la tradizione di celebrare la vigilia di Natale con un cenone a base di pesce e di verdure, con grande dovizia di quantità e varietà.
Oggi tale usanza si è diffusa un po’ in tutto il territorio isolano nel quale molti ristoranti propongono menù appropriati per l’occasione.
Nell’intento di invogliare gli avventori si cimentano, non solo nella preparazione dei piatti tradizionali magari rivisitati, ma soprattutto dando sfoggio ad una creatività propria nell’esecuzione delle ricette.
In famiglia, invece, si preferisce un menù a base di pesce e di verdure di stagione cucinato secondo la tradizione gastronomica elbana.
I piatti più apprezzati per l’occasione sono: Cavolo nero con l’acciugata, pesce al forno, seppie con le bietole, riso al nero di seppia, totani ripieni, murena fritta, penne al gronco, cozze ripiene, stoccafisso in umido con le olive, acciughe marinate, zerri scavecciati, insalata di polpo, spaghetti alla margherita (granzeola), e secondo la possibilità crostacei locali come astice o aragosta.
Molti piatti a base di verdura di stagione specialmente dorati e fritti come carciofi, gobbi ( cardi), finocchi, cavolfiore, ecc.
A proposito di fritture ci è caro ricordare che presso alcune famiglie di Portoferraio era in uso preparare la cena della vigilia di Natale includendo nel menù sette tipi di ortaggi dorati e fritti dopo averli passati nella farina e nell’uovo sbattuto.
Probabilmente tale numero ha attinenza con la Vigilia della nascita di Gesù in quanto la notte antecedente il Natale è da sempre considerata la “Notte magica”, così come il numero sette è considerato un numero magico e nello stesso tempo mistico che ricorre spesso nella simbologia dei testi sacri di molte religioni,compresa quella cattolica.
Sette sono i sacramenti, sette sono le piaghe d’Egitto, le opere di misericordia e i doni dello Spirito Santo. Sette sono i vizi e le virtù capitali. Sette sono i principali Arcangeli e i dolori della Madonna.
Nell’Archivio storico del Comune di Portoferraio è conservato il manoscritto dell’avv. Eugenio Branchi, Giudice vicario del tribunale che nel 1839 raccolse gli “Usi e costumanze popolari in occasione delle festività religiose” dove annota:
“e’ costumanza inveteratissima in Portoferraio, che nella vigilia della sola solennità del Natale le famiglie tutte di qualsiasi condizione osservino un rigorosissimo digiuno fino all’ora prima di notte: allora ognuno di esse imbandisce una lauta cena di pesce ed erbaggi, e tra questi debba esserci il cavolo nero condito con acciugata: nelle mense del più basso popolo ardono una o due candele di sevo (sego) poste non già in un candeliere, ma per antica formalità in bottiglie di vetro nero: ultimata la cena si passa alle così dette “nozze”, consistenti in dolci e frutta fresche e secche : i frantumi e gli avanzi di quelle mense vengono chiusi in piccoli sacchetti, che i contadini appendono come oggetto di devozione ad un qualche albero dei loro campi: la costumanza è antichissima, la causa al tutto ignota”.
A conclusione di questo breve excursus sulle tradizioni dell’Isola relative alla vigilia di Natale si può denotare che la contaminazione culturale delle diverse provenienze, soprattutto dalle regioni meridionali siano ancora radicate, non solo nella vita di tutti i giorni, ma soprattutto nelle ricorrenze delle feste religiose.
Alvaro Claudi