Boh, mah, un lo so (ricordo del Papero. La foto è di repertorio)
E così te ne sei andato, caro Marco, lasciando una quantità infinita di ricordi in sospeso. Ripenso ancora al nostro giorno di quattordicenni in cui, in preda ad un’agitazione parossistica, andammo dal Sabatelli a ritirare i Gilerini 50 da cross appena arrivati e a tutto quello che ne seguì. Il dire a casa che si faceva un giro a Porto Azzurro, poi, va beh, già che ci siamo arriviamo a Rio Elba e, una volta lì, ma se si arrivasse al Cavo…? Poi, al ritorno, passiamo dal Lentisco e poi dalla Falconaia, con i camion che venivano dalle miniere, allora ancora aperte. Un’Elba, con gli sterrati del Volterraio, del Monumento e di Monte Castello, che faceva venire i brividi e che non c’è più, purtroppo o per fortuna. Poi ci si fermava a sputare sui collettori per paura di aver fatto surriscaldare i cinquantini. O ci si fermava sotto quegli alberi di giuggiolo, dei quali ti ostinavi a mangiare i frutti anche quando erano acerbi…
Diciamo che era al tempo stesso più semplice e più complicato essere ragazzini allora rispetto ad oggi.
Ci trovavamo alla Padulella le mattine d’estate e “boh, mah, un lo so” era l’immancabile risposta alla domanda “che si fa?”, seguita da una bella risata. Poi, sottraevamo in qualche modo la lancetta di legno a Elvio Giannoni e con quella si andava a trovare Marco Palombo alle Viste o qualcun altro alle Ghiaie. I remi rigavano l’acqua e muovevano un fondale altrimenti fatto di noia. Già, la noia di quelle meravigliose e interminabili giornate estive…
Intanto l’adolescenza progrediva e l’ormone sempre più furioso vorticava, ma che fare? Ci riempivano gli occhi mirabili visioni poi classificate come topless, allora definite “boia, ma c’ha le puppe di fori”. Visioni che potevano manifestarsi al termine della remata corta fino a Capobianco come al termine del lungo corso fino allo Scoglietto, remi spinti da ormoni e da braccia contemporaneamente.
Anche la traversata a vela in flying junior dalla Padulella a Porto Azzurro, per andare a fare due o tre regate in cui arrivammo regolarmente ultimi sono un grande ricordo.
Mi ricordo delle gite a Siena per assistere a incredibili Meeting di atletica leggera e vedere Dwight Stones fare il record mondiale di salto in alto. Il tutto condito da portafogli persi in treno, con Marco Palombo che si industriava per capire come si poteva mangiare in tre con un budget drammaticamente ridotto.
Ultimo ricordo e poi basta, caro Marco. Un campeggio libero a Capraia, allora luogo del tutto selvaggio, con Marco Palombo, Carlo Testi e Marcello Ferrari, con quelle tende prestate da Franco Badii e da noi ridotte in condizioni pietose. Rivedo tutto molto nitidamente, come un film dai colori appena appena sbiaditi ma dai contorni ancora nettissimi.
Buon viaggio.
Franco Cambi