Ho scelto per ricordarti una storia minima, senza pretese.
Una cena nel cuore della notte, nel tuo ristorante, dopo un concerto dei "Les Anarchistes" a Capoliveri, io e Nicola Toscano stavamo perculando quasi in stereo Alessandro Danelli, che se n'era uscito con una delle sue "... e poi, diciamocelo Pietro Gori era anche un gran fico!".
Patrizia mi ridacchiava divertita in un orecchio, Gianfranco Biancotti seguiva con gli occhi il ping-pong delle battute sorridendo sornione, e di tanto in tanto tentava di rilanciare a mo' di formula di brindisi, un "... nostra patria è il mondo intero - nostra legge è la libertà..." ma c'era troppo gioioso casino per cantare insieme intonati.
Tu Ilio eri in piedi dietro di noi, avevi appoggiato le mani una sulla spalla di Nicola, una sulla mia, e da quanto stringevi forte si capiva quanto eri felice e orgoglioso di averci tutti insieme per ospiti, in quella notte del maggio 2008.
Si c'erano anche altri con noi, ma quella parte della tavolata, non riesco a togliermela da ieri dalla memoria visuale-auditiva, ed anche tattile, perché sento ancora la tua mano; ed il motivo dell'incancellabilità, a scorrere l'elenco dei commensali che ho citato, è facilmente comprensibile: di quella mezza dozzina di esseri umani, per i quali il termine "compagno" sapeva di orgoglio identitario e non di vuota retorica, di quella accolita di libertari fiduciosi nell'utopia di "un mondo di fratelli" uguali e in pace, sono rimasto il solo a poter ricordare.
Tutti in maniera prematura, inaccettabile, soffiati via dalla vita nel vento, tu per ultimo dopo Patrizia, Nicola, Gianfranco, Alessandro.
Ma per salutare te non ricorro alle "nostre" antiche canzoni, buone con un bicchiere di vino rosso come quella sera.
Pesco piuttosto dei versi Bertoli che mi paiono raccontarti di più.
"Canterò le mie canzoni per la strada - ed affronterò la vita a muso duro - un guerriero senza patria e senza spada - con un piede nel passato - e lo sguardo dritto e aperto nel futuro".
Ciao Ilio