Riassunto delle puntate precedenti. Un detective sta indagando sulla... cheppalle 'sto riassunto!
All'anagrafe è registrato come riomarinese. Ma lui si è scelto come nome piaggese. E non c'è solo una ragione umorale, nel senso di troncare ogni rapporto, persino nel nome, col fratello maggiore riese. Ma ha una ragione soprattutto culturale, sommamente lodabile. Alcuni cugini che si sono costruiti la casa al mare l'hanno nomata Marina. Ufficialmente anche il nostro ha seguito la moda, ma ha sempre preferito usare il colto ed evocativo Piaggia di Rio per indicare la sua magione. E questo denota che non è poi tanto un buzzurro ignorante, come spesso viene considerato in famiglia. Ha anzi una certa aristocratica levatura.
Per molti versi anche il piaggese ha un periodo di nascita preciso: i primi anni dell'Ottocento. E potremmo dire che ha un padre con un nome e un cognome. Anzi meglio, con un nome e un doppio cognome: Andrè Pons de l'Herault. Andrea Ponse (così si presume fosse chiamato nei rustici accenti del figlio) giunse all'Elba per gestire la miniera per conto del francese. E più che procreare il piaggese, che era già da quelle parti da un pezzo, lo ha adottato, costruendogli una bella casa, con tutte le comodità moderne (per quegli anni). E il piaggese non ha avuto problemi a chiamarlo babbo.
Come dargli torto. Se guardi un ritratto di Andrè, lo prendi subito in simpatia, con quel sembiante pingue e rubicondo. Uno che se lo incontri per strada, ti vien voglia di dirgli: Deh Andrea! Vienti a be' un topino d'aleatico co' noi!
E questo deve aver pensato il piaggese. Che in quanto al bere non scherza. Anzi, è un bevitore da campionato mondiale. In una famiglia che pure è una fucina di campioni di sport etilici, il nostro eroe è, come avrebbe detto il buon Andrè nel suo idioma, hors categorie, un livello a parte. Non sfidatelo a giuochi quali passatella o padrone e sotto (quest'ultimo, tra l'altro, ennesima interessante importazione dalla cultura del Mezzogiorno): ne uscireste letteralmente sdraiati. Per il capoliverese il “trussù!” è declinato in due forme: per dare la mossa all'asino, o al limite per salutare qualcuno. Se il piaggese lo pronuncia in un'osteria, è il guanto di sfida di uno dei due suddetti certami alcolici. Ed è meglio non accettarlo. Il vino per il piaggese non è mai troppo, tanto che anche i cugini si sono sempre dovuti sacrificare per dargli un grosso quantitativo delle loro cantine.
Il suo massimo titolo nobiliare è il cavatore, ma non da meno è quello di marinaio. Se il piaggese vi dice che ha navigato i sette mari del mondo, non è una smargiassata. Perché il nostro può avere tanti difetti, tipici della famiglia, ma su una cosa si è certamente distinto: l'intraprendenza. Pregio che condivide col marinese, ma il piaggese è passato in giovanissima età dal ruolo di marinaio a quello di capitano, e infine armatore, con incredibile velocità e perizia, tanto da farsi conoscere in ogni angolo del globo. E la cosa non è di poco momento, considerando che è membro di una famiglia che giudica gli steccati che marcano il proprio giardino quasi alla stregua dei confini del mondo.
Questa intraprendenza e curiosità per i grandi orizzonti gli ha donato un vantaggio in più, rispetto ai cugini. Drizzando l'antenna su ogni pelago, toccando riviere di ogni quadrante, per decenni le novità del mondo sono approdate nella casa del piaggese ben prima che in quelle dei cugini. In una famiglia fortemente tradizionalista, dove era una bestemmia confidare in qualcuno estraneo a papi o preti, il piaggese sapeva che nel mondo esistevano anche sentimenti religiosi meno conformisti. E così si è convertito anche al credo valdese, unico della famiglia.
E, anche in questo unico in famiglia, ha vissuto una giovinezza abbastanza agiata. Tra cugini che si sono dovuti barcamenare in una vita in grandissima parte segnata dalla miseria, il piaggese ha conosciuto presto qualche agio borghese. In casa sua un po' di soldi giravano, e questo si notava da un paio di particolari. Per esempio era una dimora dove esisteva qualche stanza di servizio in più rispetto ad altre case, anche quella capiente del ferajese, ma soprattutto dove ci si poteva anche divertire, per esempio ai giuochi alcolici già detti. Or non è guari che il piaggese poteva dirti, enfiando il petto: “Io, la sera, vado pure al cafè chantant! Voi ve lo sognate, parenti! Sì, anco te, ferajè, te lo sogni co' tutta la tu' vanteria!”
E non era cosa di poco per anni in cui gli intrattenimenti e i passatempi borghesi erano un lusso per la famiglia. Ma soprattutto il piaggese fu l'unico a potersi costruire una villa lussuosa in uno degli angoli più belli del giardino, Cavo, prima che il figlio, il cavese, la trasformasse in casa per vacanze. Erano anni d'oro per lui, che non si comprava un pezzetto di terra al cimitero per la tomba, bagattella buona per il meschino parentame, ma un'intera collina per costruirci un pacchiano mausoleo.
Insomma, sembrava che la vita avesse dato tutto a questo rampollo della famiglia. Ma poi è successo qualcosa. Mentre gli altri giovani della famiglia iniziavano ad arricchirsi col turismo, lui no. A un certo punto questo ragazzo tanto intraprendente, maturato velocemente, ha iniziato a sentire il peso degli anni, sebbene fossero ancora pochi. È rimasto legato al nobile titolo di cavatore, mentre i cugini buttavano nel secchio i loro per darsi al turismo. È arrivato anche a peccare di superbia, pensando che il blasone minerario fosse eterno. Invece no. Anche il suo titolo è finito sepolto tra le gettate di sterile della sua cava. E tutta la sua mirabile intraprendenza è finita lì.
Con fatica ha cercato di trovare la sua strada turistica, e ultimamente sembra che molti sforzi siano stati guiderdonati, sebbene i cugini lo guardino ancora dall'alto in basso. Ma il piaggese è giovane. E soprattutto può contare sul fatto che tutti gli errori in campo turistico li hanno già fatti i cugini. Quindi gli rimangono due strade: rifarli pari pari; o ricordarsi che è uno che le cose le ha sempre apprese bene, e trovare una strada alternativa e più congeniale.
Conclusioni. Ai fini della nostra indagine sulla presunta scomparsa e omicidio dell'elbano, il piaggese è un altro enigma. Ormai sembra mentalizzato su un ruolo marginale nell'economia famigliare. Ma potrebbe aver covato tanto risentimento per aver perso la primazia da portarlo a un folle gesto. Da tenere dunque sotto controllo.
Andrea Galassi