Dalla laurea in fisica al dottorato, al perfezionamento alla Normale, allo staff della prestigiosa Max Plank tedesca, alla creazione e direzione dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova un tragico errore di prospettiva ha costretto il prof. Cingolani ad un pericolosissimo testacoda infilandosi con incoscienza in un settore del quale, evidentemente, non capisce nulla: la politica ambientale. E’ ipotizzabile che a spingerlo in tale disastrosa avventura sia stato quel mattacchione di Beppe Grillo, da un lato annoiato dalle vicissitudini dei 5 Stelle e dall’altro, forse, desideroso di fare allo scienziato uno scherzo epocale.
Insomma un bel giorno il Grillo, forte della pur effimera maggioranza parlamentare dei 5 stelle, governo Draghi nascente, ha chiamato il Cingola offrendogli il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare.
Lo sventurato rispose.
Un po’ come se un provetto meccanico, digiuno di enologia, venisse dalla sera alla mattina convinto di essere in grado di produrre un grande aleatico. La ciofeca è garantita.
Per il nostro quello che il subdolo comico aveva presentato come una specie di semplice ma prestigioso secondo lavoro diventa nel breve volgere di qualche mese una catastrofe professionale, per l’ambiente una catastrofe tout court.
Appena una manciata di giorni dopo il giuramento il Cingola spara una prima irresistibile dichiarazione: “tra 10 anni probabilmente (significa che possono essere anche 20 o 30 o 40) avremo il green hydrogen, le auto e i camion andranno a idrogeno e investiremo sulla fusione nucleare che ora sta muovendo i primi passi nei laboratori”. L’ipotesi temporale è tutta a spanne, come un veggente predice un grande amore a un marito abbandonato, ma l’applauso del settore petrolifero non manca. Fiero di questo primo successo nel maggio del ’21 ne cerca un altro esprimendosi a favore della produzione di energia tramite fissione nucleare secondo modelli di nuova generazione ma i meno smemorati gli ricordano l’esito contrario dei referendum del 1987 e del 2011.
Le pernacchie stavolta superano gli applausi. Essendo poco abituato al dileggio il nostro la prende male e nel settembre dello stesso anno, ad un convegno di Italia Viva (sic), se la prende direttamente con qualche miliardo di abitanti del pianeta affermando che: “Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti, ideologici, loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato... Sono parte del problema".
La sparata, degna di un frequentatore di osterie che abbia esagerato con i topini, fa dubitare mezza Italia dell’equilibrio mentale del Prof. E’ come se il Ministro dell’Istruzione definisse gli insegnanti un branco di idioti patentati. L’imbarazzo (non in Italia Viva - ndr) è generale, qualche colpetto di tosse, qualcun altro picchietta l’indice all’altezza della tempia, si accusa lo stress, si cerca di cambiare discorso. Il Ministro, esausto e forse per una volta ben consigliato, per un po’ si acquieta. Purtroppo dopo qualche mese la Russia tenta l’invasione dell’Ucraina scatenando una fosca guerra che riporta l’Europa agli inizi del secolo scorso. Di nuovo purtroppo, nel quindicennio precedente il nostro Paese, perseguendo una politica energetica dissennata fatta di ostacoli alle fonti energetiche rinnovabili, si è consegnato mani e piedi alle forniture di gas russo e la situazione, precipitata con l’invasione, è diventata in breve molto complicata. Che fare? Spingere al massimo la diffusione di impianti da fonti rinnovabili tamponando provvisoriamente il rischio di crisi energetica con le misure immediatamente disponibili quali l’aumento delle importazioni di gas non russo sui canali già attivi sembrerebbe la risposta logica.
Non è così. Il nostro, nei mesi precedenti lo scoppio della guerra, anziché informarsi da consiglieri non legati all’ENI sulla situazione energetica attuale e su come avviare una rapida transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili ha probabilmente continuato a inseguire quelle che, in tempi brevi, appaiono come chimere: idrogeno, fusione nucleare e simili. Il ricercatore ha forse avuto la meglio sul politico, ma l’esito di questo sdoppiamento di personalità può diventare esiziale per l’ambiente e per l’economia italiana.
L’ultima genialata, ancora una volta targata ENI e prontamente fatta propria dal Ministro, destinata, questa si, a diventare un ulteriore problema anziché parte della soluzione sono i rigassificatori portuali, destinati fra qualche anno, una volta posati i gasdotti sui fondi marini, a essere spostati in mare aperto. Uno di questi bomboloni (una nave di 300 mt per 40) rischiamo di avere l’onere di ospitarlo a poche miglia dalle nostre coste e i piombinesi praticamente in casa. Insomma una costosissima scelta strategica a favore dei combustibili fossili e dell’ENI che li gestisce, non certo un rimedio contingente. Tutto questo mentre la Germania, che quanto a gas russo sta anche peggio dell’Italia, approva una legge che obbliga gli Stati Federali tedeschi a rendere disponibile dall’1,8 al 2,2 per cento del loro territorio all’espansione dell’energia eolica.
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