Questa è stata davvero una notte crudele che ha chiuso un’estate crudele.
Mentre scrivevo il ricordo della mi’ zia Luigina è rintoccata una campana che mi ha annunciato la scomparsa di una donna che per me è stata davvero speciale: Anna Mazzei.
Nella sua bottega di alimentari all’angolo di piazza di sopra, accanto al panificio di Ida e Nilo e di fronte alla Secca, in una via che porta il nome di un garibaldino di estrema sinistra, Felice Cavallotti, uno spadaccino repubblicano dimenticato che morì in duello, quando ero un giovane comunista ho passato con Anna pomeriggi a parlare di politica.
Anna aspettava che attaccassi l’ultimo manifesto nella bacheca del Partito Comunista Italiano, appesa nel muro lì accanto, e poi parlava volentieri con quel comunistello ateo, lei che votava comunista ma era cattolica credente e che capiva bene la mia fede politica ma non la mia mancanza di fede religiosa.
Anna era una donna intelligente, appassionata, curiosa, che alla fine si è ritirata alle Sprizze, lontana da un mondo che forse non le piaceva più.
Era un po’ che non ci vedevamo, per colpa mia, ma quando ci siamo incontrati rarissime volte in questi anni era una festa di abbracci, domande, curiosità su quel che facevo, sulle mie nuove passioni. Raccontarsi una vita di certezze passate, di sogni sprecati da altri, di quel che poteva essere e non è stato, ma anche di una speranza testarda, di vite riepilogate in poche frasi, in un saluto frettoloso, con la promessa non mantenuta di vederci ancora.
Ad Anna devo molto, ma l’unico regalo che le ho fatto è stata una borsata di lecciaiole quando io e Franco Galletti ne trovammo un prato sterminato sotto la rucia, nei salti di vigna abbandonati vicino a Fonte di Zeno. Avevamo forse 20 anni.
Ad Anna devo molto perché a vent’anni le parole contano, contano i sorrisi, conta la curiosità e l’affetto di una persona che poteva essere mia madre e che, forse, un po’ lo è stata.
Umberto Mazzantini