C’è una espressione, usata dagli Ilvati, invero rusticissima, ma che rende in modo impareggiabile l’immagine dell’indulgere in uno stato di protratta, colpevole inerzia, passività ed accidia, ed essa suona: “Farsi mangiare il pipo dalle mosche”.
Il figurato “orrido pasto” dei ditteri ci è tornato alla mente nello scorgere i tricolorati capitribù marciare per l’ennesima volta in testa ad un corteo (nel caso – purtroppo – numericamente anemico) di protesta per una ingiustizia patita dalla gente dell’Isola.
Già, perché non ci pare proprio che i suddetti si siano dannati l’anima, mentre maturava un taglio come quello dei servizi giudiziari, che inciderà sulla qualità della vita dei selvaggi nativi da loro disamministrati, ben più del ridimensionamento di un reparto ospedaliero.
Per fare presto è ora dannatamente tardi e lo sventolio di una mutanda (ancorché firmata) potrà tornare utile per far acquistare alla protesta un poco più di visibilità, o come stimolo per le salaci punzecchiature di qualche vignettista, ma non crediamo riuscirà a bloccare un iter che lorsignori (e signore) avrebbero da mesi dovuto contestare, contrastare ed aggredire, con determinazione e ferocia commisurate ai danni che da questo provvedimento deriveranno alla comune cittadinanza.
Ora si ipotizzano loro dimissioni “per protesta” contro il provvedimento, potremmo essere anche d’accordo se tali atti avessero come motivazione al 50% la protesta per una scelta scellerata dei poteri centrali, e per il 50% l’ammissione della loro incapacità di essere potere locale, di governare.
Ma vedrete, cari lettori, che non giungeranno, neanche su questo, sul che fare, ad una univoca posizione. E tanto per cambiare, “passato in giudicato” il taglio, torneranno ad appollaiarsi