Chiedo scusa e mi cospargo il capo di cenere (di carbone appunto) ma, come mi hanno fatto notare Patrizia, Gigi, Ugo, nella mia dissertazione storico-ferajese-scoppiologica, ho dimenticato di citare una importante componente, quella del carbone sbriciolato a rifinire la polvere esplosiva.
Che volete bimbi? l'età è quella che è, e l'ineluttabile rincoglionimento s'avanza.
Anche il carbone (anzi la "carbonella" vegetale) era di facile reperimento per noi giovani virgulti di Porta a Tera (meno nota con l'ufficiale nome di Via Guerrazzi).
In molte delle nostre case (nonostante la diffusione dei fornelli a gas) c'erano ancora i fornelli "a pozzetto quadrato" in muratura e ferro, dove si faceva la brace per arrostite rare (costavano) carni, e più frequenti pesci (Zeri in genere).
Inoltre per la carbonella c'era proprio un negozio "specializzato", giusto a metà di Via di Porta a Tera, un antro nero il cui proprietario, se non ricordo male, si chiamava Betti.
Ricordo pure - ma per sentita raccontare - la vicenda riferita da Gianfranco, dell'altra maxi-carica fatta esplodere col lancio del ghiaione dall'alto.
Tengo tuttavia a sottolineare la sostanziale innocuità delle nostre esperienze piriche che pure le guardie comunali - sempre pronte a sequestrarci un pallone o assassinarlo ferocemente con un coltellino - tolleravano gli "scoppi", che, a parte la citata storia di "Carcagno Bruciato" (che pare un nome da indiano, nel senso di nativo americano) altri danni mai fecero.
Quindi, tutto sommato, i nostri erano "prudenti botti", non ci saremmo mai sognati di diventare, crescendo, degli adulti cazzoni, che vanno alle feste di capodanno con le pistole vere in tasca ed allo scadere della mezzanotte "per allegria" si mettono - che bello! - a sparacchiare, facendo secco o ferendo un commensale.
Sarebbe stato disdicevole, decisamente poco onorevole.
sergio