Quando ti hanno chiesto perché hai aspettato qualche giorno prima di denunciare quell'incosciente che si è presentato, con la pistola carica, ad un veglione di Capodanno, l'arma dalla quale è partito il colpo che ti ha ferito (ma poteva pure ammazzare un bambino), hai risposto più o meno: "Perché lui è una persona importante e io sono un operaio..."
Ci ho ragionato su, ed ho deciso di scriverti una lettera aperta.
Io non so nulla di te: non so se ti guadagni la vita rivettando o fresando, non so se a quella "festa" ti eri "imbucato" o ti avevano invitato, ma una cosa chiara in testa ce l'ho.
Ti sbagli di grosso nel calibrare l'importanza sociale delle persone.
Sul tuo salario che non so a quanto ammonta (ma comunque risibile rispetto ad una indennità parlamentare), tu paghi le tasse fino all'ultimo centesimo, e sono soldini preziosi per la comunità.
Per me che sono anziano, e pure costretto a ricorrere alle cure del sistema sanitario, la persona "importante", anzi vitale, sei tu, tu che paghi la mia dignitosa pensione ed i miei esami del sangue, così come è capitato e ancora capita di farlo a me, nei confronti di altri.
Vedi tu potresti dire che quei soldi che ti vengono tolti dalla busta paga non li paghi volentieri, ma tanto è, tu - come me - non hai possibilità di scelta, non puoi evadere, fare il furbo, come è consentito a qualche "persona importante" in questo paese, dove, come diceva Ennio Flaiano: "La situazione è grave, ma non seria".
Non spendo un'altra riga per parlare di tangheri che girano - senza un serio motivo - con un revolver in tasca, sarebbe fiato perso; a sanzionare gli scervellati comportamenti sociali ci deve pensare chi di dovere.
Spendo le mie ultime parole per augurarti una buona guarigione, e per pregarti di non dire più, mai più, che un operaio non è una persona importante.
Sergio