Quando i colleghi e gli amici di Massimo Garbati e miei, del Parco Minerario, mi hanno chiesto di ricordarlo, ho pensato che è sempre difficile trovare le parole quando muore qualcuno che ci è vicino, specie ancora giovane.
Le parole hanno proprio difficoltà a esprimere i sentimenti tumultuosi, a razionalizzare gli eventi e c’è il rischio che escano vuote, retoriche. Così ho cercato di ricongiungermi alle cose, alla vita vissuta. Sono felice di averlo riabbracciato a Rio, dopo che, già amico di famiglia, avevamo condiviso un lungo percorso legato alle miniere.
In un certo senso, “Massimino” è stato l’ultimo minatore. Un minatore moderno, che ricostruiva un mondo di sacrificio e fatica per trasmetterne la cultura. Creando il percorso al Ginevro, ridevamo della fatica che facevamo a riportare dentro la roba che altri avevano faticato a portare fuori.
L’ultima avventura doveva essere la Grotta di San Giuseppe. Non ce l’abbiamo fatta. Però, i percorsi che migliaia di visitatori frequentano ogni anno sono un mausoleo di ferro. Non se ne andranno.
Alessandro Squarci e i colleghi del Parco Minerario