“Lei non faccia il tunnel! Lei mi sta scavando sotto e mi toglie la panna. La castagna sopra da sola non ha senso! […] Il montblanc si regge su un equilibrio delicato, non è la sachertorte” Chissà perché mi è venuta in mente questa battuta di Nanni Moretti, in questi giorni in cui si torna a parlare di Elbatunnel. Comunque, ne vogliamo discutere? Perché no.
Partiamo però con una premessa. Stiamo discutendo di un progetto che nessuno vedrà mai realizzato, esattamente come il ponte sullo stretto. Fatevene una ragione, pro o contro che siate. E con questo potremmo chiudere qui il discorso.
Quindi da qui in avanti andrò ad alimentare il solito chiacchiericcio elbano, che ha già avuto come tormentoni altri “sogni mostruosamente proibiti” del passato, come la destagionalizzazione, la provincia autonoma dell'Elba, il porto franco, e via blaterando. Ma tant'è. Vorrà dire che per un'oretta non starò a sentire il Nanni Moretti che è in me, e mi grida: “No, il dibattito, no!” E in ogni caso, come si è capito da queste prime righe, seguirò un approccio semiserio.
Il progetto di Elbatunnel, se preso seriamente, mi suscita non pochi dubbi. Dico subito che non sono un tecnico, quindi felice di essere smentito. Per non appesantire lo scritto, dovrò essere didascalico. Ma cercherò, pur nella sommarietà, di essere il più chiaro possibile.
Alcuni si preoccupano dell'impatto ambientale del tunnel. Ma probabilmente, in questo caso, esso passa in ultimo piano. È molto più critico l'aspetto della sicurezza di una galleria sottomarina, dove devono passare centinaia di persone (in estate migliaia) ogni ora. Una galleria, non dimentichiamolo, di 17 chilometri di lunghezza, e un diametro di almeno una decina di metri.
Il primo dubbio che pongo è: ci sono studi idrogeologici approfonditi sul canale di Piombino, che consentano la realizzazione, la stabilità e la sicurezza di un tunnel? Il fondale è sufficientamente uniforme per farvi correre una striscia di asfalto in sicurezza? È abbastanza stabile per reggere tonnellate di materiali? È un'area sicura dal punto di vista sismico? Ci sono studi precisi sulla forza, l'impatto e l'orientamento delle correnti marine?
Va infatti tenuto presente che il mare dell'Elba è soggetto a quei boati e scosse telluriche, che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, vengono ancora studiati, e, a quanto ne so, non sono stati ancora ben identificati. Non sapendo se si tratti di attività di tipo vulcanico o sommovimenti geologici, allo stato attuale non è una partita a poker pensare di costruire un'opera di tale tipo, che vedrebbe circolare decine di veicoli ogni minuto?
Secondo dubbio, che riguarda sempre la sicurezza di centinaia di persone. Qui non si tratta di costruire un tunnel, asfaltarlo e il gioco è fatto. Occorre, come per ogni tunnel, predisporre aree di sicurezza, in caso di incidenti, incendi o saturazione di gas. Nel caso di gallerie autostradali, aree del genere e vie di fuga sono relativamente facili da realizzare, dovendole scavare su fianchi montuosi. Discorso diverso sotto il mare. In questo caso sono fattibili?
Terzo dubbio: gli sbocchi. All'Elba lo sbocco naturale dovrebbe essere Cavo. Questo significa una modifica di non poco conto del territorio e la viabilità di superficie, con strade più grandi per l'accesso e l'uscita, e l'immissione sulla rete stradale isolana. Cioè uno stravolgimento dell'area, con colate di cemento immonde, e consumo del suolo massimo. Nonché la trasformazione di Cavo da località tuiristica a casello e autogrill autostradale. Bella prospettiva...
Ma forse il punto più critico è quello geologico. Il punto di arrivo è quello della costa riese, cioè un territorio che per quanto riguarda il rischio frane, secondo i dati Ispra ( https://idrogeo.isprambiente.it/app/ ), ha circa l'11% della superficie in fascia molto elevata e circa il 30% in fascia di elevato rischio; nonché circa il 20% in fascia medio-elevata di alluvioni. E anche sul versante di partenza, Piombino, le cose non sono messe molto meglio. Ovvero un territorio comunale costituito per un terzo da terreni fino a qualche decennio fa paludosi e oggi alluvionali. Da un altro terzo da aree fortemente urbanizzate. E da colline solcate da fossi a regime torrentizio. Un territorio che, sempre secondo i dati Ispra, per quanto riguarda il rischio alluvionale ha il 17% in fascia elevata e il 36% in fascia media, nonché il 7% a rischio elevato di frane. Anche qui sorge la domanda: è stata fatta un'analisi del rischio?
Siamo sicuri che il “buco” garantisca i passaggi all'Elba in ogni condizioni meteo? Oppure in caso di allerta meteo idrogeologico si imponga la chiusura per evitare allagamenti? La costruzione del “tubo” porterebbe a una riduzione quasi completa dei traghetti, collassando quindi i trasporti alternativi, in caso di chiusura improvvisa, dato che non si possono allestire corse navali dall'oggi al domani. Inoltre la crisi climatica ci sta condannando a eventi estremi, sia idrogeologici che meteomarini, ma i secondi sono meno impattanti sui trasporti: le mareggiate possono durare dverse ore, bloccando i trasporti con l'isola al massimo una giornata, le alluvioni possono paralizzare viadotti anche per giorni interi. Siamo sicuri che un tunnel stradale sia il trasporto più sicuro e vantaggioso?
Infine l'aspetto economico e gestionale. Il costo dell'opera non è chiaro (ma è stato calcolato in sede di progetto? mi chiedo) e si va dall'ottimista Simone de Rosas (7/800 milioni) a un mio amico pessimista (eeh, 'un basteranno dieci miliardi). Ma il punto è un altro. Qui non si tratta di costruire un tunnel, asfaltarlo e il gioco è fatto (autocit.). Dovrà essere gestito. I 17 chilometri dovranno essere interamente illuminati h24, e dotati di impianti di aspirazione per l'aria. Sia il manto stradale che l'infrastruttura avranno bisogno di periodiche manutenzioni. Ovvero spese, che qualcuno dovrà accollarsi. Dato che difficilmente governo, men che meno regione, quasi fantapolitica comuni elbani, si accolleranno tutti i costi, l'opera dovrà essere gestita da una società.
Gli scenari sono due: una mista pubblica/privata o una interamente privata. In ogni caso i privati (giustamente) entreranno solo se ci sarà un profitto. E in ogni caso si esigeranno entrate, almeno per gestire i costi. E l'unico profitto che si può esigere da un'opera di viabilità è un pedaggio. Temo che le belle immagini computerizzate, in cui si vedono le accoglienti arcate di entrata e uscita piombinese e cavese siano un miraggio. Molto più realistico aspettarsi di vedere caselli di entrata e uscita. E chi spera che il passaggio sia aggratis, dovrà svegliarsi sudato. E altrettanto ingenuo è pensare di liberarsi di imprenditori navali antipatici per passare a simpaticissimi benefattori: con buone probabilità passeremo a imprenditori altrettanto antipatici che grasseranno le nostre tasche. Come diceva l'economista Milton Friedman “non esistono pasti gratis”. Si dirà: Ma il passaggio avverrà a ogni ora del giorno. Vero. E sarà più economico del traghetto. Su questo ci scommettereste?
Insomma, anche a voler prendere sul serio la str...aordinaria opera, i dubbi non sono di poco conto. E comunque per completare in maniera acconcia la citazione iniziale di Nanni Moretti: “Andiamo avanti così, facciamoci del male”.
Andrea Galassi