Caro Direttore,
puntuale come ogni anno ormai da una vita, a novembre arriva la protesta degli studenti elbani. A essere malevoli si potrebbe dire che è un “rituale”, con il sottinteso sospetto della finalità prevalente di perdere qualche giorno di scuola (il che è sempre demenziale, visto che la scuola è un servizio che costa e anche molto, e che a pagarlo sono i cittadini -quindi anche i cittadini studenti-). Ma la malevolenza non è mai buona via per capire e per comprendere. E poi, davvero la situazione delle scuole è tale che ci sarebbe piuttosto da chiedersi come mai la società civile e politica elbana se ne stia sostanzialmente rassegnata a vederne il progressivo degrado.
Fanno eccezione i diretti interessati -genitori e studenti-, che sperimentano ‘dal vivo’ disfunzioni e difficoltà ormai croniche. E’ importante che il “Comitato per la sede dell’ISIS FORESI” abbia calendarizzato appuntamenti sistematici per non lasciar cadere il tema del locali scolastici dopo le proteste di inizio anno. Ed è importante l’intervento del presidente del Consiglio di Istituto dell’ISIS, la testimonianza allucinante del debito delle Istituzioni che sottrae risorse all’offerta formativa, la sottolineatura del valore del “percorso di partecipazione” di associazioni e comitati “per coinvolgere la popolazione scolastica sulle problematiche delle scuole superiori dell'Elba per giungere numerosi a far sentire le voci di tutte le componenti della scuola comprese quelle dei Comprensivi”; perché presto gli alunni degli Istituti comprensivi si riverseranno nelle scuole superiori, e le condizioni che vi troveranno dipendono anche dalle sollecitazioni, dalle battaglie che ora stanno conducendo gli attuali partecipanti.
Genitori e studenti, dicevo. Proprio sugli studenti mi fa piacere soffermarmi, a partire dall’incontro/scontro con “Elbareport”, nella certezza della sua fecondità e nella persuasione che le scintille del primo contatto (almeno con questi studenti) siano capaci di accendere un fuoco durevole e corroborante. Provo ad addentrarmi nella cronaca per come mi giunge dal giornale, per alcune riflessioni che spero utili. Parto dalle lettere degli studenti. Innanzitutto ne rimarco la chiarezza e la correttezza formale, delle quali mi compiaccio; vorrei però anche sottolinearne la ‘passione’ positiva, qualità rarissima al nostro tempo, come rilevano i sociologi e gli psicologi dell’età preadulta. Alla passione attribuisco l’“indignazione” per la “totale distorsione” e la conseguente “disinformazione”, termini forse sovradimensionati rispetto a una cronaca quasi in tempo reale, che per sua natura si basa su informazioni estemporanee, di natura e qualità differenti da un’inchiesta o da un commento (come facilmente sa chi ha consuetudine con queste cose). Ma proprio il riferimento all’indignazione dice quanto profonda e partecipata sia stata l’iniziativa degli studenti, come manifestano l’attenta ricostruzione degli eventi dal punto di vista dei protagonisti, e la puntualità delle esigenze della loro scuola cui si chiede di trovare soluzione. E mi ha favorevolmente sorpreso il tono risentito e piccato con il quale è stata accolta la prima cronaca pubblicata dal tuo giornale, al di là del merito, come notavo sopra: le osservazioni di metodo, il riferimento al quadro generale, la percezione della forza della comunicazione e dell’immagine nella formazione della coscienza comune, tutto questo rappresenta una nascente consapevolezza di qualità della comunicazione; e questo è tanto più importante se raffrontato con i modi di comunicazione dei ‘social network’, la cui facilità d’uso e la cui diffusione si fondano appunto sulla velocità, sulla decontestualizzazione, sulla intrinseca superficialità, sulla più meno consapevole percezione di una solitudine stemperata in una pseudo comunità (appunto la ‘Community’) in cui nessuno di fatto si conosce e in sostanza ognuno si nasconde. Il richiamo alla “VERITA’”, ancorché articolata in punti di vista, è un richiamo forte in un momento in cui le ragioni personali conducono a negarne persino la possibilità accertata da tutti i gradi di giudizio previsti dall’ordinamento costituzionale. Certo la verità –specialmente ‘a tutte maiuscole’- va ben oltre la vicenda di cui “Elbareport” si è occupata e di cui gli studenti sono stati protagonisti; così come è forse incongrua nel caso presente la richiesta di pubbliche scuse –che sentiamo rivolta oramai abitualmente in tutte le sedi, e che riconduce a dimensione personale e privata proprio l’esigenza di verità che è oggettiva per eccellenza-.
Ma sembra proprio che una generazione nuova stia nascendo, con una sensibilità che speriamo non sia ignorata ancora una volta, come è avvenuto troppo a lungo negli ultimi decenni; perché se qualcosa di nuovo nascerà -e deve nascere- sarà nell’intelligenza e nella sensibilità di questi ragazzi.
“Elbareport” ha sistematicamente dedicato ai problemi della scuola elbana largo spazio, per solito in un deserto d’attenzione, almeno per quanto riguarda la realtà esterna alla scuola. Il problema è proprio qui. Oltre agli insegnanti, pur troppo colpiti nella loro dignità di lavoratori e umiliati nel riconoscimento anche economico del valore della loro professione –e privati delle risorse indispensabili per la loro formazione permanente-; oltre ai genitori costretti a un compito di supplenza nei confronti di Istituzioni distratte (quando non persuase del carattere marginale della scuola); arriva ora la consapevolezza degli studenti: “vorrei fosse chiaro a tutti che noi non abbiamo dato vita a questa protesta tanto per perdere qualche ora di lezione -per quello ci pensa già la scuola elbana-, ma semplicemente perché ci siamo resi conto che in questo paese per avere voce bisogna creare scompiglio. Forse abbiamo sbagliato i modi, o i tempi, ma ridicolizzarci in questo modo trovo che sia deleterio per tutta la società. Se come lei dice vi trovate pienamente d’accordo con le nostre istanze vi pregherei di darci una mano”. Non mi è sembrato che “Elbareport” abbia ridicolizzato niente; ma in ogni caso è bene che nessuno lo faccia, perché “lo scompiglio” creato –e tutto sommato tempi e modi non mi paiono sbagliati- ha fatto sentire una voce troppo a lungo silente. L’impegno di tutti dovrebbe essere davvero a “cercare di dare una mano”.
Luigi Totaro