Costretti a mettere mano su un porto, quello di Marciana Marina, che in verità così come è, arruffato nell’assetto e carente nei servizi, non va bene, si è tracciato un costoso progetto (con involontaria ironia è stato definito ottimale) le cui strutture previste sono un insulto grave al paese. Toccare l’area portuale è maneggiare il futuro: occorre lungimiranza, si richiede prudenza. Qualsiasi persona di buon senso non può credere che un gruppo di Marinesi veraci abbia intenzione di deturpare per sempre il volto del paese-madre e nutrano la convinzione che il disegno previsto sia giusto. Tenendosi lontani dalle idee politiche e dai motivi personali, come da interessi di parte o valutazioni soggettive, bisogna abbracciare il comune interesse, praticare la condivisione, accettare il dialogo e smettere infine di considerare le osservazioni avanzate da più parti come frecce scagliate da un nemico. Non si vuole per niente lanciare un vogliamoci bene, ma un invito alla tolleranza e ad una fattiva opera di amore per un paese che chiede cura rispettosa. Che alla Marina terra e mare continuino a incontrarsi senza imponenti strutture di cemento!
Queste righe sono rivolte a tutti coloro che conoscono i dettagli del problema, hanno veduto in giro, messe a confronto, le immagini di come appare ora e di come apparirebbe poi il nostro paese se l’intervento concepito venisse maledettamente attuato. E spaventa la massa di tetri blocchi di cemento a quattro zampe della diga foranea formanti una muraglia alta fino a cinque metri alla testata del porto ulteriormente allungato, appesantito da uno spiazzo a forma di martello. E altri pennelli, elle di cemento, mentre nel fondale l’ecosistema andrebbe a gambe all’aria e la vita degli organismi animali e vegetali soffrirebbe per il degrado della Posidonia oceanica, ecologicamente importante. Si è già pianto per la scomparsa dagli scoglietti del granchio corridore, evocato in arte da Riccardo Mazzei pochi mesi or sono, e non vorremmo scomparisse dal fondo la Pinna nobilis, detta nacchera!
La nostra parola vuole arrivare al cuore della cittadinanza, del sindaco e dei suoi assessori; vuole risvegliare l’interesse del Presidente della Regione e di chi, in seno ad essa, è preposto alla pianificazione del territorio e del paesaggio, alla difesa dell’ambiente. Chiediamo che rubino una manciata di minuti alla loro attività quotidiana e si leggano con dedizione le pagine scritte, dal febbraio del 2013 sino ad oggi, non senza fatica e a buon fine, da Legambiente, come anche da altre associazioni e cittadini privati: si suggerisce che il porto sia al servizio del paese e non il paese al servizio del porto! Quello disegnato sarebbe un porto congestionato e non leggero, un porto inquinato e non verde; infine, un porto privatizzato e non più bene comune dei cittadini. I quali sono perplessi e contrariati, e per ora non ascoltati. Attaccati al paese come lampate allo scoglio, si aspettano un gesto di rispetto se non d’amore.
Cose d’acqua salata, da discutere davanti a un bicchiere di buon vino!
Che cosa si propone? Perfezionare le strutture ora esistenti e non costruirne altre; migliorare e non aggiungere; limare il già fatto, togliendo quel che è distorto; approntare adeguati servizi di rifornimento, informazione, assistenza.
Intanto la Torre Pisana, con la sua veste bucherellata, cerca e non trova la propria immagine: il suo specchio di mare ha cessato di rifletterla.
Manrico Murzi