E’ morto Renato Zangheri, Dirigente del Partito Comunista e Sindaco di Bologna negli anni settanta. Sindaco amato e contestato dalla sinistra extraparlamentare, il Sindaco del modello sociale ed economico che si voleva abbattere con la strage di Bologna.
Il mio non è un “coccodrillo”, è soltanto un ricordo: il ricordo di una stagione e di un fatto.
Negli anni settanta a Marciana Marina c’era una sezione del PCI, molto poco azzerbinata e molto propensa alla insubordinazione. Eravamo tanti, eravamo battaglieri, pronti alla lotta, eravamo ingenui, uniti come le dita di una mano e avevamo ragione.
Vivevamo la politica come un lavoro serio, di quelli che richiedono, passione, coraggio , impegno e tempo. Tanto tempo.
Negli anni settanta i giovani avevano la ferma convinzione di cambiare il mondo. Noi volevamo cambiare un paese di 1500 abitanti e di destra, anzi democristiano, com’era la normalità a quei tempi.
C’era anche un Sindaco ovviamente democristiano e molto potente, alle iniziative promosse si videro Scalfaro, Forlani, Malfatti e ..Andreotti: Pasquale Berti a cui noi avevamo giurato una guerra senza esclusione di colpi.
C’era anche un bar molto frequentato e con un padrone molto anomalo:era mio padre.
Era conosciutissimo per le sue battute fulminanti, per il fatto che per avere un caffè bisognava essere in due, per il rifiuto di servire spremute, acqua minerale e tè, per la socievolezza (con le persone che amava), per il carattere deciso, per l’intelligenza, per la passione per la letteratura e per la politica. Negli anni 70 era già passato per tutto l’arco parlamentare e da giovane assessore democristiano era diventato un convinto extraparlamentare che votata PCI.
A mezzanotte spegneva tutte le luci, mandava via gli ultimi clienti e iniziava la “discussione politica” che durava fino all’alba.
Il bar era molto ben frequentato per gli stessi motivi:l’anomalia. Negli anni 70 Zangheri era un cliente abituale, con lui Pellicani, Sindaco di Venezia. C’era Adriano Sofri con tutta la compagnia estiva dei bolognesi e i milanesi, il coltissimo americano Evans sempre seduto davanti al banco. Tutti gli anni appariva Ingrao, con cui mio padre si è scambiato gli auguri di Natale fino a pochi anni fa’ , e anche Napolitano che si sedeva sempre al tavolino d’angolo a leggere i quotidiani, sempre sulle sue .
Dopo la guerra, una volta , mi è stato raccontato, apparve persino Winston Churchill, sceso da un panfilo enorme ormeggiato nel golfo.
E c’eravamo noi alle prese con la prima festa dell’Unità.
E sì, era un mondo bello, per tanti motivi. E non è l’incanto della giovinezza.
Bene in quel mondo-Macondo una mattina come tante , vidi un manifesto appeso sui muri di tutto il paese. Annunciava la presentazione di un libro. Al tavolo Pasquale Berti, Andreotti e ..Zangheri! Un tradimento.
Ci informammo sbigottiti e si apprese che Zangheri avrebbe dovuto presentare il libro di Andreotti per ricambiare quello che Andreotti aveva già fatto per lui.
Riunione immediata e serrata: ma come il compagno Zangheri che se ne va sul palco coi democristiani (e che democristiani! Andreotti luciferino e mafioso!) e senza nemmeno chiederci il permesso? A noi? a noi che qui ci esponiamo e lottiamo? Ci delegittima, già ci chiamano “i bamboli”. Eh no! Non sia mai.
Fu investito del problema anche il Segretario di zona. Danilo Alessi fu incaricato, senza tentennamenti, insieme ad altri delegati, mi ricordo Alberto De Fusco , Umberto Mazzantini e Giorgio Bisso (pasticcere) di recarsi a casa del compagno Zangheri per impedire il misfatto.
Io non c’ero e quindi “relata refero”: furono accolti sulla porta e non entrarono. Gli dissero testualmente : “ se andrai sul palco con Andreotti il direttivo della sezione del PCI di Marciana Marina salirà sul placo e strapperà le tessere coram populo.
Lui li ascolto’ come se parlassero un ‘altra lingua e forse era proprio così. Disse loro che quella era la “ normalità” della politica” e che non capivano, ma si adeguò. Non capì perché fossero venuti ad insegnargli quello che andava fatto. Non si presentò è inviò un telegramma con cui lamentava un forte mal di gola.
Non ci perdonò mai quella che considerò una inconcepibile mancanza di rispetto. Si lasciò vincere dalla costernazione e non lo rivedemmo più.
Il giorno dopo Paese sera uscì con un articolo “Zangheri fermato dal pasticcere”:
Ecco, lo volevo raccontare perché oggi mi è tornato in testa ed è un bel ricordo senza pretesa di giudizio. Forse è solo un pretesto per ricordare il passato.
Ne avessimo di Zangheri nell’Italia di oggi e anche di giovani compagni.
Maria Grazia Mazzei