L’immagine del bambino siriano morto, ritrovato riverso su una spiaggia turca ieri, dopo l’ennesimo naufragio nel Mediterraneo, con i suoi calzoncini blu, la maglietta rossa e le piccole scarpe, proprio come uno dei nostri bambini, ha la forza dirompente di un pugno nello stomaco, demolisce gli argini dell’indifferenza, abbatte l’insensibilità, ci costringe a riflettere sulle quotidiane tragedie che si consumano alle porte di casa nostra.
Perché quella creatura di due anni la identifichiamo con i nostri figli, con i nostri nipoti, e non possiamo guardarla a ciglio asciutto, se possediamo ancora una briciola di umanità.
Perché quel bambino, con i suoi genitori e un fratello, cercavano asilo fuggendo dall’inferno della Siria e i loro occhi chissà quanto orrore avevano già visto.
Perché un bambino rappresenta l’innocenza, la speranza, la proiezione nel futuro ed è un delitto negargliele, come aveva già fatto il Canada, respingendo la loro richiesta d’accoglienza.
Il Medio Oriente è in fiamme e assediato dal fanatismo dell’Isis, la Libia è terra di bande feroci, l’Eritrea è una dittatura, la Nigeria è ostaggio di Boko Haram: la maggior parte dei profughi proviene da questi Paesi e la loro è una fuga dalla morte.
Finché tale drammatica congiuntura non conoscerà qualche barlume di pace, di stabilità regionale, di governo di quei martoriati territori –e a questo dovrà contribuire tutta la comunità internazionale senza perdere ulteriore tempo- la migrazione verso l’Europa continuerà.
E noi che faremo nel frattempo? Erigeremo muri come ha fatto l’Ungheria? Diremo di non poter accogliere neppure piccoli gruppi di persone? Cercheremo di barricarci nelle nostre comode case distogliendo lo sguardo dalle stragi degli innocenti?
Quella foto, nel dolore che ci instilla per quel corpicino riverso sulla spiaggia, che non conoscerà mai né l’asilo politico né l’asilo/scuola a cui i suoi teneri anni avrebbero avuto diritto, interroga le nostre coscienze e la nostra stessa civiltà.
M.Gisella Catuogno
Qualcuno leggendo questo bellissimo, toccante articolo di Gisella e non vedendo impaginata la foto di cui lei parla, un'immagine che resterà sicuramente nella storia e che è stata già vista da milioni, forse miliardi, di essere umani, avrà pensato ad un nostro errore tecnico. Non è così, non mostrarla è stata una nostra scelta.
Abbiamo lasciato alle parole di Gisella il compito di farla emergere da un quadro nero, che crediamo ben rappresenti il lutto che dovrebbe pervadere il mondo, la coscienza nera di un'umanità disumana che uccide i suoi bambini, quello della foto e quelli vittime di guerre buie, nere, perché lontane dagli interessi e dai riflettori del mondo che conta, e quelli che come lui erano ad un passo dal continuare a vivere e che invece sono stati inghiottiti dagli abissi dove il blu diventa nero. Questo sta a significare la non-foto che abbiamo pubblicato.
sr