Nel 1961, all’età di vent’anni, ero imbarcato come allievo ufficiale su una vecchia nave postale della Soc. Tirrenia rocambolescamente sopravvissuta alla seconda guerra mondiale; si chiamava Città di Alessandria e al momento era impiegata sul collegamento Livorno – Corsica – Sardegna con approdi bisettimanali anche a Portoferraio dalle 05 alle 07 del mattino.
Fu proprio lì che conobbi il pilota di Portoferraio che abbordava la nave in entrata con una vecchia e piccola pilotina lunga circa 5 metri per condurla, mentre ancora la città sonnecchiava nel silenzio dell’alba, all’ormeggio al pontile Massimo.
In quel tempo abitavo a Genova e, pur essendomi sempre considerato a tutti gli effetti elbano, mai avrei immaginato che tredici anni dopo, sposato ad una ragazza riese come me, ritornato ad abitare all’Elba, vinto il concorso per un posto di pilota nel principale porto dell’Isola, avrei rincontrato quel capitano che pilotava il “Città di Alessandria” e del quale solo allora appresi il nome: Luigi Burelli, o meglio Gigi come mi pregò subito di chiamarlo dandogli del tu.
Il posto per un secondo pilota fu procurato da Gigi ottenendo l’obbligo di pilotaggio per le navi della Soc. Navigazione Toscana, economicamente vitale per il funzionamento di un corpo piloti che, pur operando in un porto a scarso traffico, era da tutti ritenuto necessario per la sicurezza della navigazione.
Il risultato fu raggiunto dal Comandante Burelli grazie all’attaccamento alla sua terra, alla capacità di procurare i contatti ad alti livelli sino a quelli ministeriali, ma soprattutto alla cocciutaggine, alla caparbietà e al non cedere mai alla tentazione di mollare.
Cocciutaggine e caparbietà con la quale ha condotto delle vere e proprie campagne con la stampa, con le Amministrazioni Pubbliche, le Autorità, gli operatori portuali e turistici, fino ai livelli più bassi con gli amici e la gente del paese, spesso scontrandosi contro l’indifferenza e lo scetticismo, per far realizzare le opere di edilizia portuale atte a ricevere navi di gran tonnellaggio in modo da inserire l’Elba nei grandi circuiti crocieristici internazionali.
E così fu per prima edificata la banchina d’Alto Fondale alla quale seguì la ricostruzione, nella parte meridionale del porto commerciale, del pontile n. 1.
Gli scali di navi crocieristiche a Portoferraio, il cui numero negli anni 70 e 80 era contenuto fra le 10 e le 20 unità, cominciò ad aumentare. Nel 1985, anno in cui Burelli lasciò il servizio per pensionamento, si ebbe il sentore della svolta con l’arrivo di una quarantina di navi passeggeri. Numero che, anche se con fasi alterne, continuò negli anni successivi a conoscere notevoli incrementi, sino ad arrivare ai nostri giorni con l’abbondante superamento del centinaio di arrivi.
Ma Gigi non si fermò nel 1985 al pensionamento; ha continuato ad interessarsi del “suo” porto con proposte e progetti fatti arrivare nelle stanze dei bottoni delle sedi più opportune; attività che, ancorché non abbia prodotto la realizzazione di importanti opere portuali, ha comunque contribuito a mantenere vivo ed ardente il problema dell’Elba.
È così che oggi, nel giorno della sua scomparsa, mi va di ricordare il Comandante Luigi Burelli a fianco del quale ho svolto il servizio di pilotaggio per undici anni e grazie al quale sono membro del Lions Club Isola d’Elba, del quale egli era fondatore.
Chi vuole può ricordarlo come ufficiale in Marina Militare e Mercantile o per molti anni come consigliere della Federazione Piloti dei Porti oppure, come combattente del Battaglione San Marco, osservatore aereo in Istria e, dopo l’8 settembre ’43, insieme agli Alleati in avanzamento col fronte dalla Puglia all’Alto Adige.
Le scelte non mancano.
Ciao Gigi.