Finalmente ho il mio olio “fruttato maturo” e un’ottima resa da poter regalare agli amici e ai parenti più stretti . Con il mio spirito caparbio, non mi arrendo mai di fronte a nessuna difficoltà, parto per il continente per lavorare le mie olive dopo che il frantoio dove sono cliente da anni, si è rotto e l’altro si è rifiutato di lavorarmele.
All’Elba vieni sottoposto alla “prova della mano” che consiste nel tuffare la mano nella cassetta e passarla più volte sulle olive: se resta pulita perché magari sono verdi e non rilasciano olio, verranno lavorate, se invece sono mature e ricche di olio e quindi la mano si sporcherà e si ungerà, le olive non verranno macinate.
Ma non solo, ti mostrano una bella cassetta di olive verdi e ti chiedono “sono come queste?” No perché le mie sono nere e mature.
Consiglio a chi si troverà in situazioni simili, di non umiliarsi di fronte a queste persone, troveranno sempre un’ oliva che a loro non sta bene pronti per rispedirti a casa, o per “bollarti” oppure diranno che non hanno tempo o che sono poche o qualsiasi altra scusa che è sempre pronta a essere pronunciata. Andate altrove come ho fatto io.
La mia vicenda ha fatto allibire il frantoiano continentale. E’ in quel settore da generazioni e data la sua esperienza professionale, mi dice che se le olive mature “sporcano” macchiando le mani e rilasciano olio, “ è normale perché è la caratteristica dell’oliva, se non ungono vuol dire che non c’è olio”.
C’è di peggio: all’Elba sono stata accusata dai signori frantoiani che le mie olive così mature potevano rovinare le partite di olio di “altri clienti” e avrei sporcato anche i macchinari che dovevano essere poi lavati.
Il frantoiano mi guarda incredulo ancora non crede a quello che gli sto raccontando, ma con una gentilezza e una pacatezza incredibile a cui non sono più abituata visto che è divenuta quasi una rarità sulla mia isola, ha un sussulto e mi dice:“La vede quella macchina? Io sono contento quando vedo che diventa nera e si sporca durante la lavorazione perché vuol dire che c’è olio, e mi piace vedere la pasta soda come la sua, non mi piace vedere quelle inconsistenti e lisce. Se dovessi lavorare come lavorate voi all’Elba chiuderei perché non ci verrebbe nessuno. Accetto olive verdi e nere senza distinzioni. Lavoro con prenotazioni e anche senza, ma ovviamente devo essere avvisato dell’arrivo di una partita in giornata, per organizzare i miei macchinari come ho fatto con lei. C’è solo un caso in cui non lavoro le olive, quando sono marce e le assicuro non è il suo caso.”
Mi sembra di sognare sentendo quelle parole quando invece all’Elba ogni cosa sembra sempre così difficile, ma basta prendere la nave per vedere che oltre quel mare c’è tutto un altro mondo e le persone sono completamente diverse.
All’Elba sono stata trattata malamente senza alcuna ragione, sono stati infamati il mio lavoro e le mie olive e invece non guardano chi le porta nei sacchi plasticati chiuse lì magari da giorni buttate e scaricate dalla macchina come sacchi di patate. E’ impossibile che questi signori non diano un’ elevata caratteristica di “riscaldo” agli oli di chi sfortunatamente capita in quel ciclo di lavorazione, eppure ai frantoiani locali va bene così.
In continente dove ho lavorato la mia partita, ho visto unicamente cassoni e cassette areate di tutte le dimensioni, nessun sacco plastificato, semplicemente perché non li accettano.
Spiego al frantoiano che all’Elba è convinzione comune dire che l’oliva matura aumenta l’acidità e che darebbe “olio lampante” come mi sono sentita dire da uno dei due frantoiani, mentre quella verde no. Quasi si mette a ridere ed esclama: “ Darà oli più caratteriali, ma l’oliva che è lustra d’olio non è da buttare, e la macchina si sporca tanto se la pasta proviene da olive verdi tanto se nere. L’acidità talvolta è superiore in un’oliva verde che è stata bucata dalla mosca e non è visibile, Glielo spieghi, ai miei colleghi”.
E qui mi accorgo che è stato di una profonda gentilezza a chiamarli “colleghi”.
All'Elba, chi mi ha rifiutato le olive, e che lavora olive verdi o solo leggermente invaiate ha esternato in presenza mia e di testimoni, che è lui a stabilire le caratteristiche fisiche delle olive dei suoi “clienti” per poterle lavorare.
“Io non mi intrometto mai nel lavoro dell’olivicoltore” mi confessa senza remore il frantoiano del continente “ possono portare le olive mature o verdi. Non mi sembra che all’Elba state lavorando bene se lavorate in questo modo”.
Mi pare anche a me ma che fare, all’Elba non sanno neppure cos’è la pruina sulle olive e tanto è l’ignoranza che mi era stato persino suggerito di conservarle in un congelatore con evidente dimostrazione di non sapere la differenza tra refrigerazione, surgelazione e congelazione.
In realtà ci vorrebbero delle celle frigo come quelle degli orto frutta, ma perché infierire oltre? Tuttavia anche il giorno che sono andata a lavorare le olive in continente il frantoiano aveva un guasto sui macchinari e stava attendendo il pezzo che avrebbe cambiato lui, ma soprattutto stava lavorando, anche se a mezzo regime con bancali e bancali stracolmi di olive nel magazzino che mi ha mostrato.
“Le macchine si possono rompere in qualsiasi momento e devi conoscerle per poter intervenire subito, io non mi fermo mai per un guasto, se lo facessi come lavorerei e non accontenterei le persone. Qualcuno si ferma, ma io ho voglia di lavorare”.
Mi riaccenna passando davanti alle grandi partite di olive, che la presenza o meno di pruina non è un fattore determinante per valutare la freschezza e ammette, “guardi non si fidi troppo della sua presenza perché spesso è accentuata da molti trattamenti fitosanitari che conferiscono un patina biancastra ma che non è quella naturale”.
Su questo non avevo riflettuto, il frantoiano del continente ha ragione poiché le partite che sono lì non hanno la pruina come le mie e io ho un’azienda bio-sinergica, però ho visto all’Elba partite con olive con un aspetto biancastro.
Arriviamo alla stanza dove si lavora e si estrae l’olio. Ci sono tante sedie per mettersi comodi e posso guadare solo da lontano i macchinari, tra me e loro c’è un’ interruzione di sicurezza dove al suo interno ci sono gli operai dediti alle varie fasi della lavorazione dell’oliva ma anche della pulizia del locale a dir poco maniacale con spazzole e struscini ogni volta sia necessario a tenere macchinari e la pavimentazione in perfetto ordine. Stessa cosa è sul piazzale dove c’è lo scarico delle olive e dove si passa la scopa costantemente per togliere foglie e olive cadute per terra.
Che strano in quelli isolani durante le fasi della lavorazione entra chiunque e ho visto chi fuma ma più spesso , curiosi e ficcanaso, che gettano anche discredito sulle olive altrui mentre nei locali anche adiacenti alla lavorazione si assiste a veri “festini” con le degustazioni di olio e pane, quando si sa bene che nei locali di lavorazione non è ammesso niente di simile.
Agnese Nannini
Gentile Signora Agnese
RingraziandoLa per averci scritto, ed atteso che ci rallegriamo con Lei per il buon fine che ha avuto il Suo lavoro, iniziamo col dichiarare tutto il nostro ignorare sull'argomento da Lei trattato con tecnica dovizia, e, di conseguenza con l'affermare che non ci resta che prendere atto delle Sue affermazioni senza aggiungere nel merito una virgola.
Notiamo però che Lei (a ragione o torto non abbiamo strumenti per giudicarlo) fa diretti ed indiretti apprezzamenti sulla professionalità di una serie di persone, segnatamente quelle che erogano i servizi "oleari" ai quali si riferisce, giudizi che non sono molto in verità lusinghieri.
Va da sé che qualcuno potrebbe (sempre a più o meno giusta ragione) risentirsi, sentendosi direttamente criticato e toccato.
Ci corre quindi l'obbligo di assicurare che Elbareport metterà a disposizione i suoi spazi di chi intendesse replicarLe o comunque commentare la Sua lettera.
La salutiamo
sergio rossi