Ci sono persone che lasciano il segno. per me Vittoria era la voce di Marciana. Leggevo sempre tutti i suoi libri che raccontavano la storia del paese. Questa è una intervista che le feci poco tempo fa.
QUESTA TERRA E' LA MIA TERRA
“Vittoria, quando scrivi il prossimo libro?” “Eh, le storie le ho. Magari quest’inverno comincio, ma col computer ci metto più tempo!” sorride e si infila dietro il bancone per servire un turista. Sulla rastrelliera all’esterno del negozio di alimentari, in mezzo ai canovacci e alle cartoline, sono esposti anche i libri che Vittorina Ricci ha già scritto in questi anni. Li sfoglio e conto. Uno dopo l’altro sono più di 250 racconti che parlano del territorio di Marciana, a partire dagli anni ’40 del secolo scorso. Cronache minime del vivere quotidiano: ritratti, usanze, feste, scherzi… come quello contenuto nel primo volumetto “Dalla terrazza” in cui si racconta di quando i ragazzi di Marciana dipinsero di rosso i pomodori acerbi di Don Leto, (allora prete del paese) che quando si svegliò al mattino e vide i pomodori maturati in una notte gridò al miracolo! Nel secondo libro “Frammenti di memorie” fra gli altri racconti c’è il testo di una canzone che veniva cantata fino a metà degli anni sessanta: “Come si usa qui a Marciana da remote antichità vi cantiamo la Befana, alla moda come va…” . C’è anche una formuletta che i bambini pronunciavano prima di bere l’acqua del torrente, presso il quale spesso vivacchiavano grossi “biscioni” d’acqua. “Acqua corrente ci ha bevuto tre volte il serpente. Ci ha bevuto tre volte Dio, ci voglio bere tre volte anch’io!” A proposito di serpenti, Vittoria racconta che un’usanza era quella di raccogliere la pelle dei serpenti dopo che questi erano andati in “muta” per curare piaghe e scottature. La credenza popolare diceva che bastava avvolgerle in una pezzuola bianca e metterle a contatto con la ferita! Ora a Marciana c’è un’ottima gelateria. Ma nel terzo libro di Vittoria “…Era solo ieri” si racconta come il gelataio venisse in paese solo il giorno di ferragosto. L’uomo arrivava in corriera trasportando una tinozza di gelato e si metteva alla fonte di fuor di porta a vendere coni fino a quando non aveva esaurito la scorta! Ne “L’isola che ho” c’è, fra gli altri, il racconto di un imbroglio curioso: nel 1960 arrivò in paese un camioncino carico di bambole. I conducenti (dall’accento veneto), spiegarono alle mamme e alle bambine accorse a vedere, che per avere una bambola non servivano soldi. Bastava venire con un vecchio oggetto di famiglia e scambiarlo. Fu così che le donne andarono a casa e tornarono portando alari del camino, lucerne d’ottone, brocche di rame, soprammobili. In cambio ne ebbero la sospirata bambola e i furbi veneti se ne ripartirono col camioncino pieno di oggetti di antiquariato, avuti in cambio di una bambolina imbottita di paglia! L’ultimo librettino “Mattonelle” , uscito lo scorso anno, finisce con antichi detti marcianesi: “Ho gli occhi nel topezzo” (ho mal di testa/preoccupazioni) “La provenza (vento) è bagascia, quello che trova lascia” ecc. E’ ora di chiudere bottega. Vittoria esce col berrettino da salumiere in testa e comincia a riporre libri, cartoline e canovacci. “Allora, mi raccomando, aspettiamo il prossimo libro!” “Quest’inverno – ripete lei- lo scrivo quest’inverno”.
Janna Carioli
Alla famiglia dell'amica Vittorina Ricci la Redazione di Elbareport esprime le sue più sentite condoglianze.