Non possiamo che piangere i nostri morti. Ma il dolore e la rabbia sono grandi.
Riscaldamento globale, clima impazzito, bombe d'acqua, imprevedibili catastrofi naturali, cementificazione, tombamenti, opere di salvaguardia sottodimensionate, allerta meteo sottovalutati (poichè la volta precedente non era successo niente), manutenzione dei corsi d'acqua impantanati in pastoie burocratiche e normative, rimpallo di responsabilità e speculazioni politico-elettoralistiche...e chi più ne ha più ne metta.
Chissa perchè i vecchi avevano chiamato la zona de "Lo Stagno" con questo toponimo, ed il torrente, intubato e deviato dal Cimitero dell'Ardenza all'Accademia, Rio Maggiore.
Parole logore: usate ed abusate. Eppure non siamo all'anno zero. Almeno dal 2004 quando venne emanata la Direttiva del Consiglio dei Ministri sul riordino del sistema di previsione e prevenzione del rischio idraulico ed idrogeologico, la Regione Toscana si è dotata di strumenti normativi ed organizzativi per fare fronte alle emergenze: definizione dei codici di allerta, censimento delle aste fluviali, Piano di Indirizzo Territoriale, competenze del Genio Civile, dei Consorzi di bonifica, dei Comuni, rete di coordinamento della Protezione Civile. Le procedure devono essere esaminate e corrette dall'esperienza; le responsabilità vagliate dalla magistratura. Ma tutto questo non basta.
Certo non possiamo rimediare a tutte gli assurdi consumi di suolo, elevando ipermercati e asfaltando ettari di parcheggi, o ai miopi" intubamenti" dei corsi d'acqua, che caratterizzano gli scellerati interventi del passato guidati vuoi da speculazioni vuoi da cronica ignoranza ed impotenza istituzionale. Ma essere rigorosi con il nuovo e "decementificare e deintubare", nelle zone più a rischio lo dobbiamo fare. E poi "la madre di tutti gli interventi": investire nelle opere di sensibilizzazione e promozione diffusa, usando tutte le moderne tecniche della comunicazione, affinchè la "cultura" delle regole e delle fragilità geologiche del territorio divenga parte dominante nelle azioni e nelle consapevolezze delle istituzioni e dei singoli cittadini. E un tassello qualificante di questa cultura è quello di censire e monitorare le zone a rischio e attivare campagne di educazione ed organizzazione in caso di allerta. Con precise e rigorose piani di comportamento, testati con specifiche esercitazioni, così da evitare i gridi: "Si salvi chi può!", in grado soltanto di alimentare il caos e aumentare il rischio di perdite umane.
Questo è il minimo che dobbiamo ai nostri morti e a quelle decine e decine di giovani che stanno spalando tonnellate di fango.
Beppe Tanelli