Una mattina di inizio aprile, verso mezzogiorno, alle Ghiaie, incontrai Claudia Corsi.
I giardini erano semideserti ed a scorrazzare, con le bici e senza, c’erano solo i nostri figli.
Quando dei giovani genitori (mentre vigilano sulla prole che gioca) si incontrano, il discorso ricade quasi sempre, e quasi subito, proprio sulle condizioni di salute dei bambini.
Ed è, specialmente non d’estate, un bollettino medico in continuo aggiornamento: febbre di qui, raffreddore di là, bernoccolo di su, livido di giù ecc….,e mentre era il turno di Claudia a ragguagliare, appresi la notizia.
Un estratto del suo racconto: “al bimbo la febbre non scendeva, la giornata era brutta e così abbiamo fatto venire il dottore a casa nostra. Già che c’era gli ho chiesto di dare un’occhiata anche a me sotto il collo, da un po’ di tempo provavo un certo fastidio. Il dottore mi ha detto di fare subito degli accertamenti...li ho fatti: è un linfoma”.
Al che rimasi pietrificato, abbassai lo sguardo e mormorai “e ora come fai?” ammiccandole il pancione.
Sì, il pancione, perché la gravidanza, ben visibile, era ormai al settimo mese.
“Di preciso non lo so, però sono in buone mani, le migliori credo. Sono stata a Milano, al San Raffaele, mi hanno tranquillizzato: farò tutto lì, parto e cure. Mi sono già sottoposta al primo ciclo di chemio, poi dovrò farne un altro ed altri ancora, però ad un certo punto dovremo sospendere. Oh! Deve nascere, eh!”.
Infatti.
L’altro giorno è nata Lia, una splendida bambina di 3,150 kg.
E’ andato tutto bene, la bambina sta benone.
Ci sarebbe da chiuderla così, con un lieto fine naturale ed immediato.
Invece no, Claudia dovrà trovare il modo di abbinare a pannolini, poppate, rigurgiti e levatacce le (toste) cure del caso.
Insomma, dovrà combattere ancora, come spesso accade in battaglie del genere, tra alti e bassi, giornate sì e giornate no.
Però, come a volte accade, un ruolo chiave per fare la differenza lo gioca la motivazione.
Quando di recente le ho chiesto se volesse raccontare questa storia, lei ha acconsentito: “senti, non ho niente da nascondere, tanto lo sanno tutti più o meno, me ne rendo conto da come la gente mi guarda... Sì, voglio raccontare la mia storia, se non altro per ringraziare pubblicamente chi mi è stato e chi mi è vicino, le Onlus CasAmica (Milano) e Diversamente Sani (da noi), i dottori ed il personale ospedaliero, del San Raffaele e non solo. Vedi, dell’ospedale di Portoferraio ne parlano tanto male ma credimi che quegli accertamenti li hanno fatti con uno scrupolo incredibile. Se il tumore mi è stato diagnosticato in tempo è perché non sono mai stata liquidata in quattro balletti, con sufficienza. Grazie dunque ai dottori Lemmi - che quel giorno si è prestato a venire a visitare il bimbo a casa - Biondi ed Anelli, oltre che alle ostetriche Manzi e Cetica”.
Parlando poi con Gianni Velasco, suo marito, riguardo questa esperienza mi ha detto: “è una botta, in tutti i sensi. Le (costose) trasferte, il lavoro trascurato, il bimbo, perché c’è anche il bimbo di tre anni, sballottato fisso, si dorme con un occhio sempre aperto...ma siamo in battaglia e bisogna vincere!”.
Claudia ha un coraggio inimmaginabile ed una forza immensa, del resto che alternative ha?
Vuol crescere le sue creature, Pietro e Lia, e donare loro l’amore materno, soltanto questo.
A momenti non ha ancora cominciato.
Come motivazione può decisamente bastare. E avanzare.
Michele Melis