E così, come mi ha scritto Alessandra, Italo è volato via.
Italo Bolano è stato mio professore di educazione artistica alle medie Pascoli.
Lo ricordo ora come allora, quando entravamo nella sua classe, con lui in cattedra, grande, con una forza ed una energia che si percepiva anche noi ragazzi.
Poi ci siamo ritrovati in continente, io a Sesto Fiorentino e lui a Prato, lui artista affermato e negli ultimi vent’anni sempre con Alessandra, che lo ha amato o meglio, adorato, prima ancora della loro vita insieme e che lo ha sostenuto come nessuno.
Io lo chiamavo spesso ancora prof e lui ogni tanto mi ricordava le mie lunghe trecce di ragazzina.
Italo per me è stato un grande uomo di cultura, un artista particolare, capace di suscitare grandi emozioni e grandi reazioni.
Un carattere forte, energico anche se con le sue malinconie.
Un uomo che sapeva usare le mani con leggerezza e con forza, ma anche una testa piena di idee, di conoscenza, di sapere.
Ricordo con tenerezza la grande amicizia con Luzi, intellettuale straordinario ma uomo invece sempre in punta di piedi e di voce, con il quale ha realizzato cose bellissime.
Ma più di tutto ho in mente la sua elbanità, il suo essere fiero uomo di scoglio, ferocemente ed illusivamente attaccato alla sua isola ed ai suoi abitanti, che però in egual misura lo hanno amato ma anche tenuto distante.
Ho ancora presente le sue due ultime mostre “ in continente”, una a Prato in San Domenico e l’altra a Firenze, a fianco al museo dell’Accademia: due spazi importanti pieni di persone, dai rappresentanti istituzionali, agli amici, ai tanti estimatori, che non si perdevano un suo appuntamento.
Ed ancora la sua casa museo a San Martino, in cui si veniva accolti come dei signori e non si usciva mai a mani vuote.
Io spero che la sua morte non interrompa quell’iniziale percorso, a cui teneva moltissimo, di una sezione museale delle sue opere dedicate alla città di Portoferraio, all’interno del forte Falcone.
Ma sopratutto che possa finalmente diventare pubblico, come lui ha sempre desiderato, quello spazio strano e meraviglioso rappresentato dall’Art Museum a San Martino.
Italo lo ha costruito letteralmente con le sue mani e con il sostegno degli amici e deve rimanere a disposizione della sua isola perché non se ne perda la memoria.
A lui piaceva molto una poesia greca che spesso ripeteva a memoria:
“Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile di avventure e di esperienze.”
[…..]
“Sempre devi avere in mente Itaca-
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio,
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettare ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: cosa t’aspetti?
E se la trovi povera, non per questo
Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.”
L’Elba è stata la sua Itaca: il suo posto dove tornare sempre, che ha contribuito a rendere il suo lungo ed intenso viaggio – e i tratti che ha percorso insieme a tanti di noi- così unico.
Perché essere isolani è uno stato d’animo, un’essenza, che non ci abbandona mai anche se lontana, è la nostra parte più intima.
Ciao prof, buon viaggio, qualunque sia la tua nuova meta.
Catalina Schezzini