Abbiamo letto con un certo sconcerto i report della stampa locale relativi al rinvenimento sui bassi fondali di Pianosa di un ordigno esplosivo e del suo successivo brillamento ad opera degli artificieri del DAI della Marina Militare.
Quello che ci rende perplessi è la supposta natura dell’ordigno (si è detto una bomba a mano) un oggetto cioè di contenute dimensioni e diverso dai residuati bellici che comunemente si sono ritrovati nelle acque, come mine, proiettili di artiglieria e bombe di aereo. Bisognerebbe anche capire quanto fosse integra la bomba a mano e quale sia stato la sua presumibile permanenza in mare.
Infatti, ancora meno rassicurante è la voce secondo la quale l’ordigno ritrovato nelle acque protette dell’isola (oggi zona 1 del Parco Nazionale in base ad un Decreto Ministeriale che conferma ed estende la zona di tutela biologica esistente al tempo del carcere) sarebbe di fabbricazione molto successiva alla Seconda Guerra Mondiale, notizia che, che se confermata, porrebbe degli interrogativi su chi, quando e perché avrebbe “perso” una bomba a mano sui bassi-fondali pianosini, dove tra l’altro negli ultimi anni non sono certo mancate ricerche scientifiche, anche internazionali, ed indagini dello stesso Parco e della Soprintendenza per il posizionamento delle boe per i diving.
Logicamente attendiamo una risposta (che speriamo rassicurante) ai nostri interrogativi dalle competenti autorità del Parco dell’Arcipelago Toscano, della Guardia Costiera e della Marina Militare