Opera segno di carità da parte della Diocesi in occasione del Giubileo del 2000 fu il restauro dei vecchi locali di via Bechi a Portoferraio, che avevano ospitato il circolino “Silvio Pellico”, ristrutturati per ricavarne due appartamenti atti ad accogliere i familiari delle persone detenute a Porto Azzurro, che via via approdano all'Elba per un colloquio in carcere.
Partiti da lontano, spesso in difficoltà economiche, prima non avevano chi li ospitasse, una struttura su cui contare. Ma grazie alla sensibilità fattiva di don Sebastiano Leone, allora direttore della Caritas diocesana e promotore dell’Associazione di volontariato penitenziario “Dialogo”, e grazie alla generosità di Maria Biagini, sostenuto prima da mons. Bassetti e quindi da mons. Santucci, vescovi diocesani, il sogno di una Casa d'accoglienza per le famiglie dei carcerati si è potuto realizzare.
La Casa, concessa all'Associazione Dialogo in comodato gratuito dalla Parrocchia del Duomo di Portoferraio, fu inaugurata in un bel pomeriggio di sole il 1° marzo 2003, e quindi compie 18 anni. A tagliare il nastro per l'inaugurazione fu l'allora sindaco Giovanni Ageno, che aveva appoggiato l'iniziativa per il suo valore sociale e benefico, anche superando e mettendo a tacere qualche iniziale “mormorio” del vicinato. A benedire la Casa fu il vescovo Giovanni Santucci, accompagnato da don Mario Marcolini, mentre i volontari offrirono un rinfresco nel locale più grande adorno di fiori.
In questi anni nella Casa di via Bechi hanno trovato ospitalità tante persone, familiari venuti da ogni parte d'Italia, spesso anche dei bambini o ragazzi per avere un colloquio con il loro babbo. Ricordo un ragazzino che un'estate mi chiese un piacere, cioè di far uscire per un giorno suo padre dal carcere, per tuffarsi in mare con lui. Non ho la bacchetta magica e non mi fu possibile accontentarlo. Il bimbo però uscì soddisfatto dal colloquio perché, mi raccontò, il babbo gli aveva preparato una torta molto buona e regalato una barca di legno fatta ad arte, con tanto di vele.
Quest'anno di crisi è stato molto triste, poche le famiglie che ce l'hanno fatta a raggiungere l'isola. Tuttavia in alcuni rari casi è stato concesso opportunamente un permesso-premio a un detenuto in coincidenza con l'arrivo dei suoi cari e così la Casa è stata allietata da un ricongiungimento familiare. Quando questo accade, è davvero festa.
In questi ultimi mesi in particolare, quando è stato possibile, su richiesta del Magistrato di sorveglianza e con attenta programmazione, la Casa ha ospitato e ospita anche detenuti in permesso-premio, per lo più semiliberi, che così trovano un ambiente sicuro e accogliente.
Nel corso degli anni con alcune famiglie noi volontari abbiamo stretto legami di affetto e simpatia e capita che ci sentiamo al telefono anche molto tempo dopo la scarcerazione della persona che venivano a visitare a Porto Azzurro. E questa vicinanza ci scalda il cuore; così sappiamo di matrimoni, di nascite, della vita rinnovata di chi, dopo il percorso detentivo, ha imboccato la strada dell'onestà e dell'impegno.
Non è sempre così, ci sono purtroppo le recidive, ma sicuramente meno probabili se il reinserimento sociale avviene gradualmente, se una volta fuori dal carcere la persona trova un lavoro, se il legame con la famiglia è ancora solido. Ed è proprio per favorire i legami familiari che la Casa d'accoglienza di Portoferraio, gestita dall’Associazione Dialogo con l’importante sostegno morale ed economico della Caritas e del nostro vescovo, è nata e intende continuare ad operare.
Licia Baldi