Morfina...Una parola che fa paura nell’immaginario comune, la tua più cara amica nel reparto Covid. Sì perché senza di lei ogni respiro sembra l’ultimo perché respirare fa male ed è faticoso da non capire come sia stato possibile farlo fino a quel momento senza neanche bisogno di pensarci. Senza di Lei non puoi dormire, perché il casco dell’ossigeno sembra volerti strappare la testa dal resto del corpo e i numerosi “beep” delle macchine rendono il tempo uguale e infinito.
In questo tunnel di paura e dolore però ci sono tanti “omini” bianchi, come quelli che ritagliavamo nella carta da piccoli, e loro diventano TUTTO per chi si trova nel reparto covid. Sotto una coltre di protezioni, con tre paia di guanti, mascherina, visiera, calzari e tuta, si nascondono esseri un po’ più umani di altri perché per ore e ore si dimenticano di esistere: hanno le nostre vite in mano! Non esistono pause, neanche per andare in bagno, perché proteggerci significa restare dentro quello strano involucro bianco.
Qui il telefono diventa l'unico contatto con il mondo esterno, sentirlo squillare rappresenta la carezza della famiglia che è disperatamente lontana, ogni messaggio è come una bottiglia fluttuante arrivata dal mare, a significare che esiste qualcosa fuori da quel reparto a cui potremmo tornare dopo questa lotta estenuante.
Viviamo da un anno il fastidio della mascherina che prude, dà noia alle orecchie, ci spettina e fa appannare gli occhiali, ma è niente a confronto di un casco per la respirazione.
Stiamo mantenendo le distanze sociali e questo è triste perché ci sentiamo alienati ma è comunque vita, è comunque libertà. Continuiamo a seguire le regole, a proteggerci per noi e per gli altri.
Se ognuno fa il proprio dovere, nel suo piccolo può salvare una vita.
La mia è stata salvata e non posso che renderla un monito affinché ognuno faccia la sua parte!
Grazie Virginia Campidoglio!
Paolo Calcara