3 le società coinvolte, attive nella gestione di residenze sanitarie assistenziali, parcheggi e servizi turistici al porto di Piombino.
7 gli indagati tra cui un consulente fiscale.
I profitti illeciti sarebbero stati nascosti all’interno di cassette di sicurezza, poi scoperte dai finanzieri.
Sono gli esiti dell’Operazione “Easy Cash”, condotta dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Piombino e diretta dalla Procura della Repubblica di Livorno, conclusa con il sequestro di conti correnti, denaro contante, quote societarie, gioielli e preziosi in oro, immobili e automezzi, beni e valori fino a concorrenza del profitto, mezzo milione di euro, illecitamente conseguito.
Al centro delle indagini un imprenditore elbano, da anni operante al porto di Piombino con tre società, che sarebbero state gestite però in maniera occulta grazie al presunto utilizzo di “prestanome” e “fiduciarie”.
Dalla verifica a una delle tre aziende, le Fiamme Gialle avrebbero intuito che l’amministratore non sarebbe stato in possesso di alcuna competenza per svolgere tale mansione e non avrebbe potuto che essere il “prestanome” di un soggetto occulto. A quel punto l’attenzione è stata estesa alle altre due società, collegate alla prima, emergendo anche qui, gli amministratori, quali semplici “teste di legno”.
Incrociando i dati acquisiti e interpellando i dipendenti, i finanzieri piombinesi sarebbero poi riusciti a individuare il reale amministratore e socio occulto delle società: un imprenditore elbano, già noto agli inquirenti per precedenti irregolarità nella gestione di aziende.
Di tali dinamiche veniva quindi informata la Procura di Livorno che delegava ulteriori indagini per ricostruire la rete illecita. È così che sarebbe stato disvelato l’intero meccanismo fraudolento posto in essere dall’indagato il quale, per manovrare le tre entità, si sarebbe avvalso di altrettanti “prestanome” e di due società “fiduciarie”. In questo modo avrebbe “schermato” i suoi patrimoni per evitarne il sequestro mentre il suo consulente, anch’esso indagato, avrebbe tenuto una contabilità irregolare.
Variegati sarebbero stati gli sforzi illeciti atti a “drenare” profitti dalle tre società senza voler insospettire il fisco. In particolare, la GdF avrebbe riscontrato un sistema di false fatturazioni, spesso emesse “infra-gruppo” e compilate di proprio pugno dallo stesso imprenditore elbano indagato.
Un altro stratagemma sarebbe stato quello di simulare l’assunzione di familiari, che avrebbero ricevuto stipendi e buste paga regolari pur non avendo mai prestato la propria opera lavorativa per le società delle quali sarebbero risultati formalmente dipendenti.
Di fatto, secondo la preliminare contestazione, le tre aziende sarebbero state usate dall’imprenditore per accumulare liquidità per un valore di oltre 1 milione di euro.
Complessivamente, le imposte evase per effetto della frode e i contributi dei dipendenti non versati ammonterebbero a 500mila euro, importo completamente cautelato a favore dell’erario grazie ai sequestri eseguiti dai finanzieri della Compagnia di Piombino, su ordine della Procura della Repubblica e decreto del GIP di Livorno.
È così che le Fiamme Gialle hanno scoperto e sequestrato tra Piombino, Portoferraio, Marciana Marina e Campo nell’Elba alcune cassette di sicurezza contenenti gioielli in oro e denaro contante per oltre 130mila euro nonché quote societarie, conti correnti, un’automobile e una villetta all’isola d’Elba riconducibili alle tre imprese coinvolte e al principale indagato.