Le fiamme gialle di Portoferraio, nell’ambito di indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Livorno, hanno scoperto un meccanismo fraudolento che - come sembrerebbe dalle preliminari contestazioni dei Magistrati - sarebbe stato ideato per falsificare i documenti connessi ai provvedimenti di sospensione delle patenti di guida e, così, poter agevolare conduttori di autovetture sorpresi alla guida in stato di ebrezza all’isola d’Elba.
L’analisi dei finanzieri avrebbe evidenziato che, in realtà, le patenti sospese e con loro i trasgressori non sarebbero stati segnalati agli uffici di polizia per l’inserimento a sistema. Anzi, le patenti sarebbero state loro riconsegnate senza attivare le previste procedure.
Coinvolto un professionista portoferraiese. Le indagini della Guardia di Finanza, infatti, avrebbero svelato che gli indagati avrebbero organizzato il meccanismo illecito per avvantaggiare alcuni clienti del suo studio.
È così che la Procura di Livorno ha emesso decreti di perquisizione e un decreto di esibizione, notificati dalla GdF a vari uffici pubblici.
La complessa attività d’indagine ha portato all’acquisizione di tutti i fascicoli istruiti fino al 2019 presso gli uffici prefettizi di Portoferraio in relazione alla violazione di cui all’articolo 186 del Codice della Strada, comma 2 lettere B e C.
Sono state controllate più di 200 pratiche, incrociando il contenuto delle stesse con quello dei fascicoli conservati presso gli uffici delle Forze di Polizia che avevano proceduto alla contestazione, la Motorizzazione Civile di Livorno e gli uffici dell’A.S.L. Toscana Nord Ovest - Dipartimento Prevenzione di Piombino.
Gli approfondimenti hanno evidenziato irregolarità per diversi fascicoli riconducibili allo studio professionale. In pratica, secondo le contestazioni della Procura, risulterebbe totalmente o parzialmente omessa l’esecuzione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida contemplata nella sentenza irrevocabile emessa dal Giudice del Tribunale di Livorno nei confronti del contravventore.
Il sistema per favorire persone vicine agli indagati si sarebbe concretizzato nel certificare, falsamente, con appositi verbali, l’avvenuto ritiro e la successiva riconsegna del documento di guida del trasgressore, evitando il periodo di sospensione disposto con il provvedimento del Giudice. Al contravventore, quindi, la patente non sarebbe mai stata ritirata, con l’illegittima concessione di poter continuare a guidare. Per queste patenti non sarebbe mai “partita” la comunicazione indirizzata agli Uffici preposti a curare le comunicazioni di sospensione e le Forze di Polizia operanti sul territorio non avrebbero avuto i dovuti elementi di riscontro visto che la sanzione accessoria (di sospensione della patente) non sarebbe stata inserita, come avrebbe dovuto essere, nelle apposite banche dati.
Coinvolto un ex dirigente pubblico e il titolare dello studio nonché una persona, poi deceduta, che, in accordo con il professionista, avrebbe attestato falsamente lo svolgimento di lavori di pubblica utilità da parte dei trasgressori. Certificazioni che avrebbero, anch’esse, contribuito all’indebita estinzione dei reati commessi.
All’esito della udienza preliminare tutti e cinque gli imputati sono stati rinviati a giudizio dal Gup del Tribunale di Livorno.