Carissimi redattori di Elbareport,
vi leggo ormai da anni dalla grigia Milano per tenermi informata sui "fatti e misfatti" della mia isola nativa.
Vi scrivo purtroppo per una lamentela, per far sentire la voce della mia cara mamma e con lei quella degli altri pazienti del reparto di dialisi, in cura all'ospedale di Portoferraio.
La vita dei dializzati ha molte limitazioni e la terapia è molto pesante. Mamma passa ben tre giorni a settimana in ospedale, attaccata ad una macchina per quattro ore circa, sdraiata in un letto. Ogni volta che la sento mi racconta purtroppo la solita storia: "anche oggi faceva un freddo cane".
Certo, per una che come lei soffre di ipotensione, la temperatura del sangue in dialisi viene giustamente impostata sotto i 36 gradi per evitare collassi. Ci siamo ben organizzati con tute e coperte in pile che lei indossa ogni volta. Ritengo però inaccettabile il fatto che in un reparto come questo al 29 novembre, con l'isola imbiancata dalla neve, il riscaldamento venga acceso solo dopo le 18 perché è centralizzato.
Ci saranno sicuramente delle motivazioni di risparmio ed efficienza, ma non per questo i dializzati del pomeriggio devono essere penalizzati e con loro anche gli infermieri e i medici, costretti ad indossare i giubbotti e sciarpe per ovviare al freddo. Vi assicuro che sono pazienti abituati alle rinunce, ma forse negare loro un pò di calore è veramente eccessivo.
Sarebbe veramente un passo in avanti se chi tutela i diritti del malato potesse organizzare anche qualche intervista "in loco" presso questi reparti dove i degenti hanno sicuramente spostamenti molto limitati.
Spero tanto che si arrivi presto ad una soluzione e che in dialisi non si passi un classico Natale al freddo e gelo.
Mariangela Benedetti