Caro direttore,
sarà perché, all’Elba, tutto oggi – manifesto, bandiera, figurante, vetrina - pretende che ci si ricordi di Napoleone, non sembra possibile che in altri luoghi storicamente coinvolti nella vicenda iniziata a Fontainebleau e terminata a Waterloo tra il 1814 e il 1815, scorrano giorni indistinti. Eppure così è, almeno a Golfe Juan, se fa testo quanto mi offre oggi, 28 maggio 2014, il grazioso borgo della Costa Azzurra.
Mi dirai che, quando sarà il momento, vale a dire nel marzo dell’anno prossimo, anche qui si daranno da fare, cosicché arriverà la Petite Armée, un redivivo imperatore, i pifferi e i tamburi.
Andrà sicuramente così, anzi mi risulta sia attesa anche una gran quantità di barche d’altura, che ripercorreranno regatando la rotta seguita dal 26 febbraio al 1° marzo 1815 dall’Inconstant con a bordo l’imperatore lanciato verso la sua ultima sfida.
Ciò nondimeno ora mi lascia un po’ deluso vedere che la memoria dello sbarco, rappresentata da un sommesso mosaico, abbia intorno solo i fiori dell’aiuola che la contiene. La stessa nudità riguarda la colonna di marmo svettante poco più nell’interno a marcare l’inizio della Route Napoléon. Peraltro il busto del condottiero, che ne rappresenta il culmine, levigato dal tempo e dalla salsedine, è quasi illeggibile. Di fatto, devi fidarti della lucerna che, invece, è intatta.
Ecco, mi sarebbe piaciuto che un’intesa tra le due sponde, l’elbana e l’azzurra, avesse prodotto un segno, accanto al mosaico o alla colonna, capace di dare testimonianza di quanto noi stiamo già facendo e di annunciare quanto sarà fatto qui. Una bandiera con le tre api d’oro sarebbe stata sufficiente. Anche questo, alla fine, è Europa.
Però ti metterei fuori strada, se insistessi in questa frattura. Un nesso, tra le due sponde, infatti, l’ho trovato. Lasciato Golfe Juan, che attualmente prosegue il tessuto urbano di Antibes, attraverso Juan Les Pins, senza soluzione di continuità, rappresentandone un’attrezzatissima marina, ho imboccato il Boulevard du Littoral con mèta il museo napoleonico. La cosa ti sorprenderà, ma non ho visto un cartello, lungo la strada, ad indicare la Batterie du Graillon, dove esso è situato. Ho chiesto in giro e dopo un’ora buona di giravolte tra Antibes e Cap d’Antibes, tra decine di ville e villone incastonate tra la macchia mediterranea e una variopinta festa di fiori, resistendo a chi voleva rimandarmi per forza al Quai Tabarly di Golfe Juan, quasi non conoscesse la Batterie, ho raggiunto l’obiettivo. L’ho raggiunto, ma non conquistato. Mi si è parato davanti, infatti, un cancello chiuso, nonostante le mie indicazioni lo volessero aperto.
-“Pourquoi?”
-“Parce que le musée est fermé”.
Così ha dichiarato una ragazza, emersa con un ragazzo dal verde del parco del museo (due “fidanzatini” di Raymond Peynet, che, d’altra parte, di Antibes è il figlio più illustre), dopo la lunga scampanellata di un turista francese arrivato con un piccolo gruppo.
La mia dichiarazione reiterata di provenire dall’Elba ha molto impressionato la comitiva, ma non la ragazza:
-“A mon grand regret”.
Siamo stati sfortunati: abbiamo incrociato un restauro ignorato dai tourist operators. Ci contenteremmo di dare un’occhiata al parco, nel quale si scorgono due cannoni da costa. Ma rien à faire: ça suffit comme ça:
- “Au revoir”.
- “Au revoir”.
Ti ricorderai che allo stesso modo, salvo dettagli, rimasero fuori dalla Residenza dei Mulini, lo scorso aprile, i crocieristi della Napoléon Bonaparte.
Residenza dei Mulini – Batterie du Graillon: pari e patta in perdita.
Qualcuno ha detto che l’Europa deve costruirsi sulla cultura?
Antibes, 28 maggio 2014
Gianfranco Vanagolli