Fino a poco tempo fa, ogni volta che ricevevo una fattura di ESA aggrottavo la fronte. Difficile pagare costi alti per un servizio così fondamentale, in un’isola disposta a pochi sacrifici in questo settore. Trasferita all’Elba qualche anno fa, mi ero dovuta riabituare a buttare insieme nel bidone della spazzatura i rifiuti di ogni genere e categoria: uno sforzo contro corrente.
Mi ritrovo adesso, a pochi anni di distanza, di fronte a un atteggiamento inverso, a dividere, centellinare, preparare, separare attentamente ogni oggetto di scarto.
Mi fa piacere segnalare che ESA ha lanciato un’utilissima campagna d’informazione, con un sito rinnovato e dei video cosi chiari che mi è capitato di riguardarmeli più di una volta per ripassarmi le istruzioni. Posso pure far sorridere con questa mia sollecita disponibilità a seguire pedissequamente quanto indicato, ma la complessità dei nostri scarti giornalieri mi confonde.
Al punto tale che mi chiedo: per un utente che sia talmente bravo da rispettare tutte queste istruzioni, sono previste agevolazioni? Il compostaggio domestico dà diritto a uno sconto sulla bolletta, ma è davvero commensurato al volume incredibile di scarti biologici che uno si tiene in giardino? Penso ai ristoranti, agli alberghi, con volumi ben più importanti. Penso al caso del Forno, unico all’Elba, che dovrebbe ricevere un encomio solenne dall’Azienda.
Sto anche seguendo con interesse un innovativo esperimento di ESA. Per la prima volta è stata rimossa una triste montagnola di poseidonia secca dalla spiaggia di Magazzini, accumulata in anni di rimozione da parte di rudi e devastanti ruspe. Considerata come compostaggio biologico, è stata prima filtrata e setacciata da sabbia e ciottoli. Innovazione e buona volontà spero compensino l’alto costo dell’operazione e non dimentichino l’importanza della poseidonia contro l’erosione della costa che a Magazzini e in tutto il golfo sta assumendo dimensioni sempre più inquietanti.
Se è pur vero che all’Elba ci sono ancora tanti cialtroni che continuano a durare una fatica bestia per caricarsi in macchina rifiuti ingombranti e magari arrivare fino in cima a Colle Reciso per liberarsene a margine della strada, o in zone campagnole tranquille, magari di notte, quatti quatti, è anche vero che non è con le sole campagne di informazione o il proliferare di bidoni e bidoncini ovunque che si convincono gli italiani.
Ricordo più di vent’anni fa a Singapore un gruppo di turisti italiani girare per il centro città con il mozzicone di sigaretta in mano, dalla paura di buttarlo per terra e incorrere nelle micidiali multe della severissima polizia locale. Ricordo a Washington la locale ESA controllare la mia raccolta settimanale, e restituirmi pari pari il contenitore della carta per non aver piegato bene cartoni e giornali. Ricordo i vicini di casa in Virginia suonarmi il campanello per non avere pulito il marciapiede di fronte a casa mia e non aver tagliato l’erba in giardino.
Rispetto e collaborazione sono la base, ma cruciali sono anche le multe. Mi viene da pensare a una similitudine con la cintura di sicurezza in macchina: i bravi italiani, per anni, le hanno fatto una resistenza feroce, per poi, inevitabilmente, soccombere e adeguarsi.
Domanda: come si sono abituati gli italiani, sempre furbetti e reticenti alle regole e alla disciplina, a indossare la cintura di sicurezza in macchina e il casco in motorino ? ...
Cecilia Pacini