Due settimane fa, alcune persone si sono ritrovate alla Gran Guardia a Portoferraio aderendo ad un appello per la pace in Israele e Palestina. Un tempo dedicato alla riflessione, ciascuno intervenendo secondo le proprie sensibilità e convinzioni.
Tra i presenti anche i giovani della Fondazione Exodus dell’isola d’Elba. E’ intervenuto, oltre a Stani, anche Andrea che ha letto una riflessione scritta insieme a Francesco. Un testo che credo sia opportuno pubblicare. (*)
Prima, però, desidero far conoscere un’altra iniziativa: “Mercoledì 30 luglio alle 21,30 ti chiediamo di fermarti, ovunque tu sia, chiunque tu sia, qualsiasi sia o non sia la tua fede, per 20 minuti di meditazione, di preghiera, di ascolto, di silenzio”. E’ un invito che nasce dalla consapevolezza che ci sono 35 paesi in guerra: “Nell'impotenza che ci assedia scegliamo un momento di silenzio, un silenzio assoluto, dove lasciamo decantare nel cuore tutto questo dolore, dove liberare l'odio che ci contagia e ci assedia per una pace che prima di tutto ritorni dentro di noi e si diffonda intorno a noi. Ci ritroveremo lì, nel tempo, in una rete che si formerà nello spazio di questa terra per fronteggiare l'onda devastante dell'odio, contemporaneamente, tutti insieme. Fermati, fermati da solo o in compagnia, fermati come puoi e come sai, in silenzio per la pace”. Sì, come ha scritto Etty Hillesum, ebrea uccisa nei lager nazisti, ““Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo”.
Per gli interessati: https://www.facebook.com/events/1438967803053360/?ref=22
Nunzio Marotti
(*)
Testimonianza di Andrea e Francesco, Fondazione Exodus Elba.
“Ho voglia di parlare, ma soprattutto di ascoltare.
Parlare di un problema, esporre la mia, ascoltare l’altro, rinunciare se non posso avere tutto, venire incontro all’altro, risolvere il problema e gustarmi quello che mi sono meritato con la consapevolezza di essermelo guadagnato.
Mi chiedo perché spesso non debba funzionare così, perché l’uso gratuito e magico della parola spesso debba essere sostituito da un proiettile di un kalashnikov.
Perché per troppi anni ha funzionato ha funzionato così e la macchina letale non sembra voler arrestarsi.
La cosa che più mi preoccupa, oltre che alla carneficina quotidiana in se, è vedere e riconoscere la sconfitta del mondo davanti a questo fatto, perché non abbiamo avuto la forza, ma soprattutto la volontà di aiutare chi ha più difficoltà di noi, preferendo di gran lunga consegnare loro gli strumenti per il massacro.
E parlo delle missioni di pace che pace non portano, delle industrie produttrici di armi il cui business è direttamente proporzionale a morte e distruzione; se le manovre finanziarie di un paese “civile “ debbano prevedere milioni e milioni per aerei da guerra e missili “intelligenti” allora spontaneamente mi chiedo: ma cos’è per noi la pace?
Perché sono stato per anni in mezzo a chi non ha scrupoli, a gente che vuole arricchirsi alle tue spalle, e posso dire che la mia pace è andare a letto sereno senza la paura di chi ti spara addosso, con la mente lucida per vivere al massimo la vita, sapendo di aver capito i miei errori.
Per cui fatico ogni giorno per vivere la serenità e spero che prima o poi, grazie anche agli sforzi delle persone che abbiamo la fortuna di avere vicino, questa pace possa diventare un bene di cui potremo godere tutti e allora non ci saranno più privilegiati sfruttatori e disperati sfruttati tra nuvole di polvere da sparo”.