Quanta, quanta Elba, in quella splendida giornata di Venerdì, presso gli scavi archeologici nella tenuta Gasparri. La città di fronte, di là dal mare, calmo, che sciacquettava sulla spiaggia. Un sole estivo, ancorché ottobrino, a ricordarci che paradiso è quest’Isola anche -e soprattutto- quando le spiagge tornano deserte.
Presenti, in un clima di festoso ritrovarsi, tante persone, competenti e appassionate; ad illustrare i lavori di scavo il Professor Cambi (per quasi tutti “Franco”: ricordo come replicò seccamente ad un interlocutore che, sapendolo vivere e lavorare a Siena, lo considerò “senese di origine elbana”: “IO SONO FERAJESE” sibilò con tono che non ammette repliche).
Quanta Elba c’era: Aethalia, l’Isola del ferro e del fuoco, raccontata dai blocchi di minerale ferroso, nello scavo in riva al mare; L’Elba agricola dei Valeri, di cui ammiravamo gli orci vinari (Dolia) appena riportati alla luce; L’Elba più recente, preturistica, attraverso i racconti e gli aneddoti dei presenti più avanti con gli anni…
Anche la colazione all’aperto si presentava inconfondibilmente elbana, sia per merito del delizioso gurguglione casalingo, sia per l’ottimo vino elbano che accompagnava i cibi e allietava gli animi.
Così, conversando, spizzicando e sorseggiando, nella cornice del Golfo di Portoferraio, ci sentivamo (ma, in effetti, eravamo) gli eredi di una lunga successione di generazioni che, attraverso i secoli, hanno avuto in custodia questa terra.
Forse complice il vino, ci ha percorso un brivido sottile; l’emozione di sentirsi appartenere, col cuore e con la testa, a quest’isola meravigliosa.