I segnali provenienti alla appena archiviata “prima settimana vacanziera 2016” si possono interpretare in chiave moderatamente ottimistica per l’Isola d’Elba.
Ciò attendendo che una delle tante idee innovative di Papa Francesco (quella relativa al celebrare la Pasqua di Resurrezione – per tutta la variegata cristianità - la seconda domenica di aprile di ogni anno) che tra l’altro riducendo le oscillazioni calendariali tra “Pasqua Alta” e “Pasqua Bassa”, consentirebbe una più razionale distribuzione nel tempo delle attività ricettive, ed un più significativo confronto tra i risultati del turismo pasquale di un esercizio annuale rispetto all’altro.
E’ comunque indiscutibile che ci sarebbe stato da stupirsi che il “saggio pasquale” avesse dato esiti negativi, tenuto conto della situazione in cui versano molti paesi , le cui località turistico-balneari fino a poco tempo fa risultavano spietatamente concorrenziali rispetto all’offerta elbana.
Le tensioni , quando non lo stato di vera e propria belligeranza, che affliggono il mondo islamico, hanno posto fuori dal mercato turistico o ai suoi margini intere fasce territoriali nord-africane, così come, restando nel continente europeo, le attività terroristiche rappresentano da una parte un disincentivo alla frequentazione dei grandi agglomerati urbani, dall’altra l’indirizzo dei flussi turistici verso paesi leggibili fino ad un ce3rto punto “meno a rischio” come (fino ad oggi, per fortuna ) è stata considerata l’Italia.
Un simile ragionamento potrà essere criticato come cinico, ma sarebbe ipocrita ignorare che le altrui disgraziate vicissitudini ci pongono in una posizione di vantaggio economico.
Ma c’è una differenza sostanziale nel vincere una partita economica perché si è i migliori o risultare primi in quanto “messi meno peggio”.
Problemi e limiti strutturali del turismo isolano restano immutati, a partire dal nodale settore della mobilità per e dall’Elba ed al suo interno; restano, infatti, le tariffe esose dei traghetti, resta il regime di fatto monopolistico sul canale che impedisce lo strutturarsi di una vera concorrenza , resta la rarefazione dei servizi di trasporto pubblico e collettivo interno, che, “a cascata” determina un nocivo incentivo all’uso dei mezzi privati, in movimento su una rete viaria fragile, per vetustà e per la naturale instabilità dei versanti, sottoposta ad un’usura senza paragoni per l’abnorme volume di transito veicolare che deve sopportare.
Resta il padre di tutti problemi: quello della paralizzante, innaturale frammentazione amministrativa di un “unicum” (che più unicum non si può) come una piccola isola.
Viviamo una sorta di Macondo del non governo che affida le sue scelte vitali, ad otto (talvolta comici, talvolta tragici, quasi sempre inadeguati) capi tribù.
Ancora non si è attutita l’eco dell’invereconda lite sul contributo di sbarco (risolta temporaneamente, come al solito, col tentativo di far pagare ad altri -leggi i visitatori che dovrebbero essere gravati da un ulteriore balzello – i propri conti).
Tutto ciò premesso se si è dotati di un briciolo di umanità non ci si può che augurare che questo “inconveniente” - avrebbe detto Berlusconi - che si chiama guerra, cessi, finisca quanto prima e che il Mediterraneo torni ad essere “un mare di pace”, ci si deve augurare che quanto prima perdiamo (l’immeritato) vantaggio di cui godiamo.
Se nel frattempo riusciremo a crescere, a darci istituzioni credibili, a promuovere una classe dirigente (amministrativa e non) nuova e avvertita, capace di inventare e praticare politiche attive del turismo diverse dal niente e dai chiacchierifici associati o dissociati, avremo fatto un bel passo avanti.
s.r.