Suggestiva località elbana, Rio Marina è stata protagonista venerdì 13 maggio scorso grazie allo spettacolo Mamma mia che lavori!!!, messo in scena dalla “Compagnia dell’allegria”, un gruppo di persone che da anni operano sul territorio con lo scopo di divertire divertendosi, senza tralasciare la valorizzazione del dialetto e delle tradizioni popolari.
Ispirandosi liberamente al noto musical e film hollywoodiano Mama mia, l’adattamento presentato è riuscito a esprimere originalità e umorismo, senza scadere nel ridicolo o nel banale. Trama, personaggi hanno preso vita spontaneamente, atto dopo atto senza velleità artistiche o presunzione artificiosa di mestiere. A tale riguardo la “giovane ma esperta” Compagnia ha colto al meglio lo scenario per cui è stata pensata l’opera stessa: mettere in risalto lo sfondo social popolare di un piccolo paese elbano, ponendo al centro la lingua vernacolare: il riese. Cultura, valori e comicità sono stati rappresentati con veridicità e credibilità battuta dopo battuta, giacché ognuno, a suo modo, è stato protagonista, dai giovani ai più maturi attori, interpretando ruoli incarnati nei modi di dire e fare della loro quotidianità.
Amatoriale o meno sta di fatto che portare in scena uno spettacolo non è così semplice come si possa pensare, infatti è importante sottolineare come dietro alla riuscita di una “serata” sia stata necessaria l’organizzazione e la cura dei dettagli scenici, musicali e della coreografia. In relazione a questo aspetto appare doveroso menzionare il lavoro svolto dalla regista F. Pisani, che ha orchestrato il tutto in modo apprezzabile, senza perdere di vista il contributo di un team affiatato che ha svolto il proprio compito, senza scadere nel dilettantismo. Assistere alla rappresentazione è stata un’esperienza piacevole per chi come me non conosceva alcuna particolarità linguistica del luogo, scelto come specchio di una realtà che si mantiene viva, rispettosa delle usanze ben custodite e tramandate. Che altro dire? “Giù, via, che la recita continui...”.
Bianca Maria Ciaponi