La Compagnia del Registro anche ieri sera, al Teatro dei Vigilanti, con la triplice performance di altrettanti atti unici di Eduardo e Peppino De Filippo, ha fatto centro.
La bravura degli attori e delle attrici, la loro disinvoltura e presenza scenica, l’uso del dialetto napoletano che, con la sua musicalità, suona così in armonia con i generi teatrali e in particolare con la commedia, la cura e l’originalità delle scenografie, la sapienza della regia hanno nuovamente contribuito al successo di questa Compagnia di amanti del palcoscenico che potrebbe benissimo essere scambiata per un team di professionisti.
Il primo degli atti unici, “Miseria bella” di Peppino, scritto nel 1931, ripropone il tema della povertà, tanto caro alla tradizione teatrale napoletana e che affonda le sue radici addirittura nella Commedia dell’Arte, dove Pulcinella è il servo, lo “zanni” perennemente affamato, erede della fame atavica e mai soddisfatta del popolo.
“Amicizia” di Eduardo, del 1952, con l’esilarante trio di Alberto, Carolina e Bartolomeo, nel contesto semitragico di un infermo in punto di morte, tirannico nelle sue esigenze, invita alla riflessione agrodolce dell’amicizia tradita, tra le pieghe di comici travestimenti e fulminanti battute.
Sempre di Eduardo è lo “scherzo comico”, come l’autore stesso lo definì, “Pericolosamente”, del 1938, dove Arturo, il protagonista, ogni volta che la moglie si mostra aggressiva e petulante, reagisce sparandole un colpo di pistola. Dorotea sopravvive sempre e si crede miracolata. In realtà, come Arturo spiega all’amico Michele, rientrato da un soggiorno di quindici anni in America e basito per le scene a cui assiste nella casa dei due coniugi, quella che lui usa è una pistola caricata a salve. Gli spari di Arturo, adottati da tutto il condominio, sono dunque una tattica per sopravvivere e salvare le difficili convivenze tra coniugi.
La commedia, venata di sfumature misogine, rammenta “La bisbetica domata” di Shakespeare e, secondo qualche critico teatrale, allude ironicamente, già dal titolo, all’etica eroica del fascismo – vivere pericolosamente − in auge quando la farsa fu scritta.
GRAZIE dunque alla Compagnia del Teatro, in particolare al suo fondatore, Gennaro Squillace, per la serata divertente che ci ha regalato e per averci permesso di contribuire, attraverso l’acquisto dei biglietti, alle nobili cause a cui è destinato l’incasso.
L’auspicio e la speranza sono naturalmente che le rappresentazioni teatrali si ripropongano generosamente anche negli anni a venire.
Maria Gisella Catuogno