La violenza contro le donne, anche nei Paesi più sviluppati, e specialmente in Italia, è diventata un’autentica emergenza. Non passa quasi giorno senza che le cronache ci riportino la notizia di omicidi e aggressioni da parte di compagni, mariti, fidanzati che non accettano una separazione e reagiscono nei confronti di chi dicono o dicevano di amare con una crudeltà inaudita. Molti uomini italiani di fatto rifiutano l’indipendenza femminile, l’uguaglianza tra i sessi, la piena emancipazione femminile, arrivando ad uccidere, dare fuoco o sfigurare con l’acido – emblematico il caso di Lucia Annibali – pur di ribadire il “possesso” della loro vittima. Quella che Mao chiamava “l’altra metà del cielo” è troppo spesso oggetto di autentica persecuzione e il tristissimo fenomeno è trasversale ai vari ceti sociali.
Il corpo delle donne, da sempre e a tutte le latitudini, purtroppo, è stato ed è motivo di sfregio: il mondo occidentale lo esibisce, lo strumentalizza, lo vìola, ne fa “una cosa”; gran parte del mondo musulmano impone di coprirlo parzialmente o totalmente; in molte culture africane, nella penisola araba e nel sud-est asiatico lo infibula, lo mutila nella sua intimità; in India e in altri Paesi vende quello delle bambine, che diventano spose precoci, in balia di maschi che hanno l’età dei loro padri o dei loro nonni ; in Turchia, Erdogan, proprio in questi giorni, ha tentato di svenderlo col matrimonio riparatore di stupratori di minorenni.
E non è solo il corpo ad essere violato: anche la mente delle donne, da parte di molti, sarebbe preferibile che fosse imbrigliata e atrofizzata; conosciamo tutti la storia di Malala, la ragazzina pakistana che venne aggredita perché manifestava interesse allo studio e alla scuola ed è potuta approdare alla normalità – e al Premio Nobel per la pace! – solo dopo molte cure e riabilitazioni. In troppe parti del mondo le donne sono ancora escluse dall’istruzione e dalla piena partecipazione alla vita civile e quindi di fatto discriminate. In troppe parti del mondo ancora esiste l’aborto selettivo se il feto è femmina. Contro queste violenze fisiche e culturali occorre una mobilitazione straordinaria da parte della legislazione, che curi la prevenzione e inasprisca le pene, della società civile che manifesti la sua condanna, e della scuola che educhi i ragazzi al rispetto della persona, all’affettività, al controllo dell’emotività e degli impulsi negativi.
Le docenti e i docenti dell’iTCG Cerboni, col pieno sostegno della loro dirigente Maria Grazia Battaglini, a partire da questo 25 novembre, sensibilizzeranno ancora di più i propri studenti al contrasto della violenza di genere, con lezioni, riflessioni e dibattiti e parteciperanno con le classi quinte alla rappresentazione al Teatro dei Vigilanti della pièce “Rossetto Rosso”, per la regia di Roberto Rossi. Inoltre all’ingresso della scuola verranno esposti i lavori degli allievi e una targa, pensata a fatta realizzare dalla prof.ssa Beatrice Colombi, con la seguente dicitura:
“In memoria di tutte le donne morte per mano di un uomo violento e/o che diceva di amarle, perché le loro storie non affondino nel silenzio ma risveglino coscienza e civiltà”.
MGC per l’ITCG Cerboni