Mario Balestrini racconta la sua vita e le vicissitudini che lo hanno spinto a bere:
Infanzia
Sono nato a Campo nel ’59 da famiglia di contadini. Mio padre faceva fino a 3 mestieri in contemporanea : lavorava le vigne,aiutava il muratore e la sera il cuoco nei ristoranti. La sua vita è stata Lavoro,lavoro e lavoro. Mia madre casalinga era una buona donna di casa anche se soffriva spesso di vertigini. E’ morta nel 97 per un tumore al seno. Ed io e mio fratello abbiamo iniziato ad assaggiare il vino già a 10 anni o forse anche prima perché coltivando le vigne il vino era naturalmente in casa come per tutti gli elbani.
Adolescenza
A scuola andavo volentieri fino alle elementari poi alle medie mi prese, come per tanti miei compagni, la noia e l’insofferenza per i compiti e così a 14 anni cominciai a lavorare come aiuto in cucina d’estate.
Mio padre coltivava il sogno di aprire con noi figli un ristorante e infatti pure mio fratello aveva iniziato a fare il cameriere. Poi però nel’80 mio fratello decise di andarsene dall’Elba per andare a Pistoia e il sogno svanì.
Intanto io e mio fratello cominciammo o meglio continuammo a bere eccessivamente ma senza che ci accorgessimo di aver superato un limite come succede a tutti i bevitori eccessivi.
Età adulta
Tutto si è svolto senza che abbia mai saputo quando ho superato questo benedetto limite.
Problemi con l’alcol
Io me ne sono accorto solo quando, una volta a Pistoia dove ero andato a trovare mio fratello, caddi svenuto in crisi d’astinenza e fui ricoverato in ospedale per la prima volta.
Stetti molto male e già allora un medico mi disse che dovevo smettere di bere.
E In effetti dopo di allora sono stato 12 anni senza toccare alcolici. Poi nel ’95 in modo banale ad una festa di compleanno ricevetti tante insistenze per ‘assaggiare’ (cosa vuoi che faccia un po’ di vino non ha mai ucciso nessuno) che cedetti non sapendo ancora che chi ha problemi con l’alcol non può bere moderatamente.
E cosi’ di lì a poco mi ritrovai ad avere una grossa ‘crisi d’astinenza’ con delirium tremens e ricovero in psichiatria : vedevo i famosi animaletti dappertutto e mi sentivo in ansia paurosa. Ero stato portato al Centro alcologico di Firenze su pressione di mio fratello Paolo e di mio padre.. Nella mia camera in quelle ore mai avrei pensato che mi sarebbe toccato di sentirmi così. Non riuscivo a fare progetti e sentivo un ansia da far paura che non mi abbandonava. Speravo nelle cure mediche come in un miracolo invece ecco che incominciavo a sentire e vedere strane cose. Camminavo come se dovessi evitare dei fili che si frapponevano ai miei piedi e nel contempo avevo uno sguardo impaurito dalla vista di animaletti che mi circondavano che in realtà non esistevano, mentre la paura e l’ansia aumentavano a dismisura sino ad avere la sensazione di dover morire .Lì ho toccato il fondo, il mio fondo.
Incontro con il CAT
E da lì ho iniziato a seguire i trattamenti che mi venivano proposti prima al Ser.T. poi al Club algologico territoriale che ho iniziato a frequentare nel 1998 insieme a mio padre e mio fratello. Allora si era appena aperto il primo CAT all’elba da un infermiere del SerT Riccardo Parrini. Ho avuto ancora ricadute che sono normali in questi casi ,come ho appreso al CAT in seguito. Ma ho trovato anche tanti amici che mi hanno aiutato a venirne fuori bene.
Ho imparato inoltre che l’alcolismo non è una malattia ma uno stile di vita che va cambiato dalle fondamenta a cominciare dal bere per andare verso la sobrietà in tutto. E infatti il CAT ora si chiama da qualche anno: Club alcologico territoriale per sottolineare il fatto che non è un ‘trattamento’ o una ‘terapia’ ma un processo di cambiamento umano che ha bisogno dell’aiuto di tutta la comunità territoriale, perché solo se tutti riducono il loro bere ‘moderato’ si riducono anche i problemi. Questo ho appreso nel CAT e molto altro. Ora è 10 anni che non tocco l’alcol e mi adopero perché le famiglie che hanno questo problema trovino un aiuto concreto ed una porta aperta senza giudicare perché ho imparato che il primo nemico di chi ha un problema è il giudizio.
Come CAT ci incontriamo una volta alla settimana per una ora e mezza e ci confrontiamo in amicizia sui problemi e le cose belle che ci capitano nella vita di ogni giorno e così piano piano cambiamo e ci apriamo agli altri.
Ho frequentato in seguito la settimana di sensibilizzazione dell’ACAT che da la possibilità di aprire un CAT come servitore-insegnante.
Siamo disponibili per organizzare incontri con comunità, gruppi ed associazioni per sensibilizzare la comunità. Abbiamo fatto incontri nelle scuole guida, in carcere, nelle parrocchie e nelle associazioni e collaboriamo con le istituzioni locali per sensibilizzare sul problema.
Noi non siamo proibizionisti perché non serve ma puntiamo sulla responsabilità di ognuno perché nessun uomo è un isola.. soprattutto all’Elba.
Mario Balestrini
L'INTERVISTA
Ripensando alla sua storia di bevitore riesce a focalizzare il momento di svolta del suo stile di vita cioè il momento in cui si è accorto che il suo rapporto con l’alcool cominciava a prendere una brutta piega, in pratica non era più in grado di controllare il bere?
Risponde Mario: sono riuscito a prendere coscienza perché me lo hanno fatto notare, me lo hanno detto gli altri che ero sregolato con il bere, tanto da arrivare ad un ricovero ospedaliero, perché io bevevo e pensavo di riuscire da solo ad uscirne. Tra me riflettevo “come si beve si può anche smettere“ ma così non è successo. Così alle visite è emerso che il mio fisico era messo male e dovevo smettere di bere altrimenti ero a rischio. Ma se fosse stato per me non esisteva il rischio anche se gli altri mi avvertivano che stavo bevendo troppo: tra me pensavo “si va bene, tanto io smetto quando voglio“. Dovevo toccare il fondo e arrivando a toccare il fondo allora li capisci e te lo fanno capire e per fortuna io l’ho capito e sono dieci anni che non bevo, lavoro e sto bene.
Il non riuscire a capire cosa si sta rischiando è una esperienza solo sua Mario o è un po di tutti coloro che bevono?
Mario: non solo mia, dalle testimonianze che ho raccolto da altri nel CLUB non c’è un momento quando capisci, quando sai che devi smettere. Quando sei nel problema vai avanti e basta.
Secondo lei Mario quanto è facile passare dal bere sociale, il bere moderato, al bere problematico esagerato?
Mario: basta poco, l’alcol, purtroppo è una sostanza che ha effetti positivi, classico esempio: all’inizio uno che è timido beve e sparisce la paura, affronta i problemi serenamente ma poi quella quantità non è più sufficiente e si aumenta, non basta più e il passaggio da occasionale a moderato e poi esagerato è veloce e inconsapevole, si scivola giu come su una tavola bagnata.
Secondo lei Mario è possibile individuare un bere sociale, moderato, senza rischi ?
Mario: Per me non esiste il bere senza rischi, non solo per la mia esperienza ma anche per quella di altre persone che ho sentito. Posso solo dire che meno si beve meno rischio c’è. Il rischio c’è sempre , meno si beve meno si rischia. La verità è che non rischia chi non beve.
Lei Mario ha frequentato e frequenta il C.A.T.: club alcologico territoriale con la sua famiglia da tanti anni e vi riunite al Centro Diurno per anziani Blu Argento a Portoferraio una volta alla settimana per un ora e mezza.
E secondo la vostra visione avete individuato se c’è un rapporto tra il bere moderato e il bere problematico?
Mario: Si, come già accennato, meno si beve meno rischio c’è. Il bere moderato non è quantificabile: mezzo, uno, due, bicchieri? e poi va da soggetto a soggetto in base allo stato di salute, il sesso, età stato di malattia ecc ecc... E non mi stancherò mai di dirlo: meno si beve e meno rischio c’è a cadere nel bere problematico.
Ho letto che esistono teorie secondo le quali più si riduce il bere moderato tanto più si riducono i problemi legati al bere secondo voi è vero?
Mario: Risulta anche a me, giacché anche ad ogni famiglia che va ad un club viene detto che devono smettere anche loro di bere, in questo modo aiutano il bevitore, e nel momento che il vino non c’è più in casa, “in tavola”, il cambiamento è più agevolato.
Togliere il vino aiuta a superare i problemi: in questo modo la famiglia fa lo stesso percorso del bevitore.
Che cosa è importante fare per chi si accorge di avere un problema in famiglia, un suggerimento da dare a tutti coloro che si accorgono che un membro della famiglia è problematico nel bere, la prima cosa che può fare?
Mario: Secondo me la prima cosa da fare è andare al CAT dato che è nel CAT che la famiglia si confronta discute, si sostiene, per iniziare un percorso per smettere di bere e mantenere l’astinenza, ed è la continua frequenza al club che previene la “ricaduta“. E’ un classico che dopo due o tre anni di astinenza e frequenza al club si crede di non averne più bisogno e il rischio di ricadere aumenta ed è anche per questo che io dopo 10 anni che non bevo, continuo a frequentare il club sostenendo, aiutando, formando i nuovi arrivi e nello stesso tempo mi rafforzo con le testimonianze degli altri.
Secondo lei Mario se, per esempio, non si riesce a convincere tutta la famiglia a frequentare il club, o neppure ad andare dal medico o al SERT o da qualche altra parte, o invece io padre mi accorgo che mio figlio ha un problema con il bere e allora io comincio da me e mi impegno a non bere più, faccio questa scelta di “solidarietà“: potrebbe avere un valore questa scelta di solidarietà?
Risponde Mario: Sicuramente si , è una buona scelta perché dimostra che ha preso a cuore il problema del familiare e in qualche modo gli da dei segnali importanti “tu non vuoi va bene per cui i ti dimostro che si può cambiare iniziando a togliere l’alcol dalla propria vita”.
Questo è un messaggio importante che si può dare a tutte le famiglie che si accorgono, scoprono che un familiare ha un problema: certo è un buon messaggio se non vogliono frequentare il club per vari motivi un familiare o parte della famiglia può mandare un segnale di cambiamento a chi ha il problema.
E a proposito di giovani: soprattutto e non solo qui all’Elba impazzano il bere giovanile e il bere del fine settimana che poi si prolunga nei giorni a seguire; lei Mario pensa che ci sia un qualche collegamento tra il bere in generale e in particolare giovanile con il gioco d’azzardo alle macchinette?
Mario: Si penso di si perché sono due comportamenti collegati, il bere problematico è negativo e il gioco d’azzardo è sempre negativo tutte e due rovinano le persone, minano le basi familiari e li accomuna il fatto che si diventa “bugiardi“ per cui sono collegati tra loro.
Hai problemi con l’alcol?
Per coloro che sono investiti dal problema signor Mario vuole ricordare ai lettori che il club si riunisce una volta alla settimana dalle 18,30 alle 20,00 presso il Centro Blu Argento Loc. Casaccia a Portoferraio.
Al club si incontrano persone e famiglie che hanno uno stile di vita legato al consumo dell’alcol, che vivono un percorso difficile.
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