Il tenente dei Carabinieri Giulio Giusti arrivò trentenne a Portoferraio il 28 febbraio del 1943, nella caserma che si trovava allora in Calata Buccari. Ci sarebbe rimasto poco più di dieci mesi, trovandosi così a gestire il cruciale mese di settembre. L' armistizio badogliano dell'8 settembre con gli anglo-americani, infatti, con la sua poca chiarezza, contribuì allo sbando dell'esercito italiano, che si trovò a dover fronteggiare l'occupazione tedesca, gli ex-alleati di Mussolini (caduto il 25 luglio) ora diventati nemici del Regno d'Italia.
Il presidio militare elbano non si disunì, ma dovette arrendersi alle bombe su Portoferraio dei sette stukas nazisti del 16 settembre e, il giorno dopo, all'occupazione manu militari dell'isola da parte dei parà nazisti. Il destino di questi soldati italiani- se individuati-sarebbe stato quello della deportazione in Germania, nei campi I.M.I. (internati militari italiani). Cinquantadue di questi fuggiaschi, ospitati nella caserma dei carabinieri, furono salvati da tale sorte dal tenente Giusti aggregandoli all'Arma come 'carabinieri ausiliari' e, successivamente, favoriti nella loro definitiva salvezza attraverso il fittizio incarico di trasferire prigionieri comuni dalle carceri di Pianosa e Porto Longone sul 'continente'.
Questa storia è stata ricordata sabato 13 maggio dal Sindaco Mario Ferrari in occasione dell' intitolazione al generale Giulio Giusti (scomparso nel 1990) della Piazzetta antistante la locale stazione dei Carabinieri, presenti il fratello ed un figlio. Da segnalare il coinvolgimento nella cerimonia degli studenti delle classi ad indirizzo musicale della Scuola Media Pascoli di Portoferraio, una bella orchestrina che ha eseguito l' inno nazionale, e degli allievi della Scuola Alberghiera che hanno preparato il rinfresco. Un modo anche questo per cercare di passare il testimone della Storia ai giovanissimi perchè, come ha ricordato il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Livorno, Colonnello Alessandro Magro, nel proprio saluto citando un aforisma di Indro Montanelli, “un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio futuro”.
CR